Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha ripetuto ieri che la banca è pronta ad adottare nuove misure di stimolo monetario per riportare l’inflazione in linea con l’obiettivo. E, pur evitando un commento diretto sull’approvazione della riforma del mercato del lavoro in Italia, ha sostenuto che maggior flessibilità non porterà a massicci licenziamenti, anche perché l’economia è in recessione da tanto tempo che le imprese hanno già ridotto notevolmente la manodopera.
Ma ha precisato che la riforma del mercato del lavoro deve rendere più facili le assunzioni e non tanto i licenziamenti ed evitare, come avvenuto all’inizio del decennio scorso, che la flessibilità vada a spese dei giovani, i primi a perdere il posto all’inizio della crisi. Ha anche sollecitato nuovamente la Germania (ammiccando: «Potete ben capire a quale Paese mi riferisco») a uno stimolo di bilancio per rilanciare la domanda.
In un intervento alla Brookings Institution, la think-tank di Washington, a margine delle riunioni annuali del Fondo monetario e della Banca mondiale, Draghi ha ricordato che la Bce «risponde agli europei sull’ottenimento della stabilità dei prezzi, che significa far risalire l’inflazione dagli attuali livelli eccessivamente bassi. Ed è proprio questo che faremo». L’inflazione nell’Eurozona è attualmente allo 0,3%, lontanissima dall’obiettivo di restare sotto, ma vicini al 2%. Draghi ha osservato ieri che si tornerà molto gradualmente verso questo livello nel 2016 o 2017.
Il presidente della Bce ha ribadito l’impegno unanime del consiglio ad adottare ulteriori misure non convenzionali per combattere il rischio di un’inflazione troppo bassa troppo a lungo. «Siamo pronti – ha detto Draghi – a cambiare le dimensioni e/o la composizione dei nostri interventi, secondo le necessità». E non ha escluso che questo possa anche prendere la forma di acquisti di titoli di Stato, o quantitative easing, come hanno fatto altre grandi banche centrali. Sul fatto che questa unanimità tenga, quando ci sarà da votare le misure concrete, la recente opposizione della Bundesbank e di altri alle misure adottate di recente solleva grossi dubbi.
La Bce ha, secondo Draghi, agito «in modo aggressivo», tanto che oggi i tassi d’interesse a lunga sono più bassi che negli Stati Uniti e quelli del mercato monetario in territorio negativo. Le aspettative dei mercati finanziari, ha notato, sono che il primo rialzo dei tassi non avvenga prima del 2017. Con l’annuncio di acquisti di titoli cartolarizzati (Abs) e covered bond, la banca ha riguadagnato anche un ruolo più attivo nell’espandere il proprio bilancio, mentre finora era stata più passiva, affidandosi alla domanda proveniente dalle banche e quindi dall’economia. Ancora una volta, il banchiere centrale non ha precisato a quanto ammonterà l’espansione del bilancio della Bce, ma ha lasciato capire che siamo nell’ordine dei 750-1.000 miliardi di euro.
Draghi ha ribattuto alla critiche, soprattutto di parte tedesca, secondo cui una politica monetaria troppo accomodante toglie ai politici l’incentivo a fare le riforme strutturali per rilanciare la crescita. La situazione della disoccupazione in tanti Paesi dell’Eurozona è tale che, se non fanno le riforme, i Governi non verranno rieletti e questo dovrebbe essere il miglior incentivo ad agire.
La triade di interventi (politica monetaria, politica fiscale, riforme strutturali) illustrata due mesi fa a Jackson Hole è stata ribadita. Ma, soprattutto sulla politica fiscale, Draghi ha puntualizzato la sua posizione in merito alla discussione in corso in Europa sull’allentamento dell’austerità. A suo parere, l’abbandono delle regole che l’Europa si è data in materia di disciplina di bilancio sarebbe controproducente. E oggi la politica fiscale, dopo la stretta seguita allo scoppio della crisi, è in posizione “neutrale”. Ma per Draghi altri due elementi sono importanti: i Paesi che hanno margini in bilancio, come la Germania, devono assecondare la politica monetaria nel rilancio della domanda, con uno stimolo fiscale; quelli che invece hanno più limiti alla propria azione (come l’Italia) possono comunque intervenire tagliando le tasse che hanno effetti più distorsivi sull’attività economica e la spesa improduttiva.
La Bce si avvia intanto a completare la sua analisi approfondita dello stato di salute delle banche, i cui risultati verranno annunciati a fine ottobre. La conclusione della valutazione, secondo Draghi, contribuirà a ristabilire la fiducia nel sistema bancario europeo. Il presidente della Bce confida che il credito all’economia reale (per il rilancio del quale sono state prese le recenti misure di finanziamenti quadriennali a basso costo Tltro e gli acquisti di Abs e covered bond) possa ripartire dall’inizio del 2015, dopo oltre due anni di contrazione.
Il Sole 24 Ore – 10 ottobre 2014