«Il fatto non costituisce reato»: a due anni dalla condanna per falso che in primo grado a Verona gli era costata la pena (sospesa) di otto mesi, avvalorando questa motivazione la Corte di Cassazione ha assolto Massimo Brugnettini in via definitiva dall’accusa di aver «aggiustato» il curriculum (compilato con autocertificazione nel 2007) grazie a cui aveva ottenuto la nomina a direttore sanitario dell’Usl 20.
Ex sindaco di Isola della Scala, ex senatore della Lega Nord, attualmente Brugnettini è consigliere comunale a Isola della Scala (giunta Miozzi) con delega alla Sanità: con la sentenza appena incassata dalla Suprema Corte, si è dunque chiusa in suo favore la pagina giudiziaria fatta aprire su di lui dal sindacato dei dirigenti medici, che all’epoca lo aveva denunciato in procura dando il via alle indagini degli inquirenti. Ad aprile 2013 gli vennero inflitti 8 mesi dal giudice Giorgio Piziali per aver dichiarato il falso sui propri requisiti, mentre venne assolto («perché il fatto non sussiste ») dall’accusa di aver indotto il direttore generale dell’Usl 20 Giuseppina Bonavina a nominarlo illegittimamente. In primo grado,la stessa Usl 20 aveva ottenuto un risarcimento di 15mila euro in via provvisionale: cifra che tuttavia, a meno di un anno di distanza, era stata costretta a restituire a Brugnettini dopo che quest’ultimo aveva ottenuto un’assoluzione piena dai giudici della Corte d’appello di Venezia. Era l’aprile del 2014 e, subito dopo quel verdetto con cui venne ribaltata la condanna pronunciato a Verona, l’ex senatore non nascose la sua gioia: «Sono stato condannato in primo grado sulla base delle opinioni – si sfogò Brugnettini -. Perché io quei requisiti li avevo», elencando «più di cinque anni di attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private» e la «diretta responsabilità delle risorse umane e strumentali ».
Entrando in dettaglio, «sono stato responsabile organizzativo del Pronto soccorso di Isola della Scala dal primo gennaio del 2002 al giorno della mia pensione, il 31 luglio 2006. E dal primo agosto del 2007 al febbraio del 2008 sono stato responsabile dell’Area accreditamento presso l’agenzia regionale dei servizi sanitari – puntualizzò -. Complessivamente erano cinque anni e due mesi di esperienza maturata». Di tutt’altro avviso la procura generale di Venezia, concorde con quella di Verona nel ritenere che Brugnettini, per vedersi assegnare l’incarico, si sarebbe attribuito requisiti di cui in realtà non sarebbe risultato poi effettivamente in possesso. Una contestazione che, in termini penali, si era tradotta nell’ipotesi di reato di «falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico»: a parere dell’accusa, più precisamente, Brugnettini avrebbe dichiarato il falso nel momento in cui, tra i requisiti richiesti per l’incarico, avrebbe affermato di aver «svolto per almeno 5 anni attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie pubbliche o private». Di qui, da parte della procura generale di Venezia, la decisione di ricorrere in Cassazione contro l’assoluzione ottenuta in appello dall’ex direttore sanitario: istanza che è stata ora rigettata dalla Suprema Corte che ha definitivamente fatto cadere le contestazioni contro Brugnettini «perché il fatto non costituisce reato», ovvero per l’«assenza di dolo nel dichiarante».
In pratica, non avrebbe mentito consapevolmente o sapendo di mentire. Già nel 2010, Brugnettini fu licenziato con una delibera firmata dal dg Bonavina «per grave carenza di professionalità». Ma era tutta un’altra storia:i titoli, veri o falsi, reali o presunti, in quel caso non c’entravano affatto.
Laura Tedesco – Il Corriere del Veneto – 12 marzo 2015