Flavio Tosi si prende ancora un paio di giorni per riflettere e valutare se, dopo essere stato «cancellato» (ipse dixit) dalla Lega Nord, si candiderà a governatore sfidando Luca Zaia. D’altra parte, non era per sciogliere questo arcano che ieri ha convocato una affollata conferenza stampa in Comune a Verona.
Semmai, per martellare incessantemente su un solo e unico punto: se ora il centrodestra rischia di presentarsi ferito e spaccato a tutto vantaggio di Alessandra Moretti del Pd, il responsabile è uno e uno solo. E si chiama Matteo Salvini. Salvini «il dittatore della Lega» che «ha trovato la scusa della mia fondazione per passare sopra la Liga Veneta». Salvini la persona «sleale e scorretta» che, «pur di farmi fuori è disposto a sacrificare il Veneto». Nessuna recriminazione nei confronti di Zaia, che pure con lui è stato irremovibile. «Ha assunto una sua linea e non ha voluto incontrarmi per le liste – dice Tosi- ma le decisioni le ha prese il segretario federale».
Tosi ha ricevuto la sentenza via mail, alle 22 e 18 di martedì. Paga la scelta di non aver voluto abiurare alla sua fondazione Ricostruiamo il Paese, secondo Salvini ormai assimilabile ad un partito politico e quindi incompatibile con la militanza nel Carroccio. Nel consiglio federale di lunedì 2 marzo in cui è arrivata quella che Tosi ha chiamato la «fatwa», Salvini gli ha rinfacciato le liste riconducibili ai suoi «Fari» in preparazione a Brescia, Pavia, Mantova e in altre città, e i conflitti ingenerati coi leghisti locali. «La fondazione non è un partito e finora non ha mai presentato liste – ha detto Tosi – c’erano singoli casi locali che avrebbero potuto essere chiariti». Questo Tosi ha scritto nell’ultima proposta di mediazione, che per il resto respingeva ancora una volta il commissariamento affidato a Giampaolo Dozzo e proponeva il «lodo Bossi» per sciogliere lo stallo sulle liste: ovvero, rinuncia alla lista Tosi («faccio comunque fatica a capire il veto: avrebbe portato voti a Zaia, non sono un appestato») in favore di un’unica lista civica con i candidati «spartiti» tra lui e Zaia. Salvini ha considerato il pacchetto irricevibile e ha proceduto a cacciare Tosi, che non farà ricorso. «Non è il caso», spiega. Sa come funziona: nei suoi tre anni da segretario veneto, di militanti ne ha espulsi anche lui. «La gran parte per le contestazioni a Pontida, me lo chiese espressamente Maroni. Io ho voluto solo far rispettare le regole interne».
Di errori, Tosi pensa di non averne commessi, eccetto uno: «Ho sbagliato a fidarmi, ma lo rifarei». Assicura che ora non cerca vendetta o rivalsa: «Resterò lucido e sereno». Ai suoi fedelissimi nella Lega, in questi giorni, non ha imposto prove di lealtà: «Agli amici ho detto: che sia una libera scelta». Il dolore è per i 25 anni di storia nella Lega che si chiudono («la mia vita era lì»), il conforto arriva dai tanti messaggi di solidarietà: «600 solo nelle ultime tre ore». Rimane l’ultima riserva da sciogliere, la candidatura. «Ci penso un paio di giorni». Possibili alleati? «Prima decido il da farsi. Passera? Ha già detto che non presenterà liste alle regionali, che mi sostenga è una voce messa in giro da qualcuno nella Lega». Rileggersi al proposito un tweet di Salvini di martedì: «Nostro progetto non ha niente a che fare con Alfano e Passera». Il tweet successivo è quello che ha decretato la fine della storia di Tosi nella Lega.
Alessio Corazza?- Il Corriere del Veneto – 12 marzo 2015