Dal Fatto quotidiano. Dalle associazioni che assistono i minori alle società di costruzione, l’Italia ha tanti creditori. “Tutto risolto”, spiegò Pier Carlo Padoan il 27 agosto scorso. Sui debiti della Pa, il titolare del Tesoro ce l’ha messa tutta per non contraddire i tweet del premier, ma la triste saga dello Stato che non paga i suoi fornitori continuerà.
Dietro, c’è un mondo variegato che lancia segnali disperati in vista della legge di Stabilità: dalle imprese che lavorano con le Asl all’edilizia, alle cooperative sociali. Quelle che si occupano dei minori stranieri non accompagnati che sbarcano in Sicilia, per dire, sono allo stremo: i costi vengono anticipati dalle strutture, ma a oggi non sono mai stati rimborsati. Per loro, come ha rivelato ieri il Fatto raccontando la denuncia contro tre ministri del governo Renzi presentata da una ventina di centri sparsi nella Penisola, anche se lo Stato è insolvente “non commette reato” visto “il progressivo deterioramento delle finanze pubbliche” (la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione).
Il fallimento è nei numeri. A oggi solo metà dei 60 miliardi certificati dal Tesoro (ma per Bankitalia arrivano a 75) è stata saldata. Nonostante questo, al vertice Asem di Milano il premier ha spiegato che “mancano solo 3 miliardi per completare ilpagamento”.Breveriassunto: dal 2012 a oggi il governo di Mario Monti ha messo 40 miliardi, quello di Enrico Letta 7,7 e Matteo Renzi 9,3. Il totale fa 57 miliardi. Soldi, però, solo “stanziati”. Tradotto: non si tratta di risorse effettivamente erogate, né di pagamenti effettuati ma solo di capitoli impegnati. A settembre scorso, le prime si sono fermate a 38,4 miliardi e i secondi a 31,3: poco più della metà del totale (già sottostimato considerando tutti quei debiti fuori bilancio). All’appello mancano circa 30 miliardi. Sempre a settembre, il Tesoro aveva provato a dare una boccata d’ossigeno liberando risorse per i debiti in conto Capitale (quelli cioè che impattano sul deficit e che necessitano quindi di coperture): 200 milioni di euro, da escludere dal patto di stabilità interno. Il resto? Stando ai piani del governo, arriverà dalla cessione dei crediti alle banche attraverso una garanzia pubblica. Un sistema complesso che finora non ha dato risultati incoraggianti e fra sette giorni il verdetto sarà ufficiale: il 31 ottobre, infatti, scadrà il termine ultimo del complesso meccanismo messo in piedi da Renzi e Padoan per chiudere la partita (e disinnescare le sanzioni europee). Funziona così: chi vanta un credito si registra su una piattaforma, l’Ente debitore (Asl, Regione etc.) verifica se l’ammontare è reale e, nel caso, lo certifica. Lo stato rilascia una garanzia pubblica e l’impresa può farsi “scontare” le fatture in banca. (costo dell’operazione: 1,90 percento per importi fino a 50 mila euro, 1,60 per cifre superiori). Stando ai dati del Tesoro, finora alla piattaforma elettronica si sono registrate 18.348 imprese per un ammontare di 7 miliardi di euro. Le imprese creditrici dello Stato, però, sono oltre 100 mila. Com’è possibile? Secondo Confartigianato più della metà delle imprese non sa neanche dell’esistenza della piattaforma. Non è detto poi che tutti gli importi verranno confermati: gli Enti hanno 30 giorni per “bollinare” il credito (o respingerlo) e finora la percentuale si è attestata intorno al 25 per cento delle richieste: a conti fatti, i crediti rimborsati potrebbero non superare i 2 miliardi. Un flop. Le proteste dell’Ance e i Comuni con la cassa vuota A rischio ci sono migliaia di imprese, a partire dall’edilizia. Secondo l’Ance, l’associazione di categoria, ci sono 10 miliardi di debiti in conto capitale delle pa ancora da pagare. Il decreto Sblocca Italia che verrà licenziato oggi dalla Camera (andrà al Senato) consente a Regioni e Comuni di sforare dal Patto di Stabilità interno per saldare i debiti non di parte corrente. Ma a oggi dei 200 milioni promessi a settembre ne sono stati stanziati solo 170. Del miliardo chiesto dai Comuni ne mancano ancora 922 milioni, buona parte dei quali chiesti da Lazio (424 milioni), Campania (140) e Lombardia (59). I fornitori del Servizio sanitario nazionale non se la passano meglio, l’arretrato che supera i 5 miliardi di euro. Poi ci sono le cooperative sociali: nel 2013 i crediti vantati dalle imprese del terzo settore superavano i sei miliardi.
Da Il Fatto Quotidiano del 24 ottobre 2014