La questione è alquanto tecnica. O, per meglio dire, «tecnologica». E ha già dato la stura a una guerra intestina all’Usl 20. Una guerra che ieri ha registrato l’ultimo attacco. Quello di tre medici del Sert che si sono associati al Codacons per sferrare un attacco senza pari al direttore generale della stessa Usl, Giuseppina Bonavina.
I tre medici sono rispettivamente Giovanni Serpelloni, rientrato a Verona come responsabile del Sert dopo che gli è stato revocato l’incarico di capo del Dipartimento Antidroga del governo, Oliviero Bosco responsabile dell’accoglienza dello stesso Sert e Maurizio Gomma, responsabile della terapia. Dall’altra parte lei, Giuseppina Bonavina, contro la quale il Codacons ha presentato un esposto alla procura per «violazione dei diritti costituzionali e abuso di potere mediante l’attivazione di ingiusti procedimenti disciplinari», con tanto di richiesta di rimozione dall’incarico. Il tutto riguarda una tortuosa vicenda legata a un software che analizza le fasi della dipendenza «al fine di creare una banca dati – è riportato nell’esposto – fruibile da enti pubblici quali Regioni, ministero della Salute e dipartimento politiche antidroga (quello che fino a neanche un anno fa era diretto da Serpelloni, ndr)». Bene, si dirà. Un bell’esempio di sanità che funziona e che viene messo a disposizione di altri. E invece no. Invece qui sta l’inghippo di tutta la vicenda. Perché quando la Regione Friuli, a giugno, ha chiesto la disponibilità del software «senza informare gli autori» è scoppiato il finimondo. I tre – Serpelloni, Gomma e Bosco – dicono di essere i «titolari esclusivi di tutti i diritti di utilizzazione». Ma come, quel software non doveva essere fruibile da enti pubblici, Regioni eccetera eccetera? Evidentemente, per loro, no. Tanto che i tre sottoscrivono una convenzione con il Codacons e cedono i «diritti di gestione, utilizzo e sfruttamento commerciale dei loro diritti e di tutela, anche attraverso le vie legali, dei diritti degli autori». Per non lasciare spazio a dubbi i manuali del software vengono depositati alla Siae, la società italiana autori ed editori. Intanto l’Uls 20 concedeva l’uso – e anche il riuso – del software. Inevitabile la diffida del Condacons «non essendo l’Uls proprietaria dei diritti intellettuali». A quel punto la Bonavina ha risposto picche e il Codacons ha fatto ricorso al Tar per «lesione dei diritti degli autori». L’8 ottobre è stata la volta della Bonavina, che ha trasmesso il ricorso all’ufficio provvedimenti disciplinari dell’Usl. «Un comportamento particolarmente grave e intimidatorio», lo ha bollato il Codacons nel suo esposto. «Una richiesta di procedimento disciplinare basato su un atto del tutto legittimo dei ricorrenti». Da qui le accuse e la richiesta della rimozione della Bonavina. Lei non si scompone. «Parlerò – dice – quando l’indagine penale sull’argomento sarà conclusa, senza timori di essere smentita». Quindi sulla vicenda, al di là dell’esposto del Codacons, è aperta un’inchiesta. Che, tra l’altro dovrebbe chiarire alcuni dubbi. Perché quel software risulta essere di proprietà della Regione Veneto, dato in uso all’Usl 20. Quindi non dei tre «autori». Che essendo dipendenti pubblici non dovrebbero avere diritti intellettuali. O, se li hanno, dovrebbero averli esercitati al di fuori dell’orario di lavoro. Ma se così fosse come potrebbe essere quel software una banca dati di quanto si fa al Sert dell’Usl 20? Si attendono risposte. Anche dalla procura.
Angiola Petronio – Il Corriere di Verona – 24 ottobre 2014