Il 18,2% dei giovani italiani tra i 18 e i 24 anni di età lascia la scuola con in tasca il solo diploma di licenza media. È una percentuale decisamente lontana dall’obiettivo fissato dall’Europa di far scendere l’abbandono sotto la soglia del 10%.
Siamo tra i Paesi meno virtuosi da questo punto di vista: peggio di noi, nell’Unione a 27, fanno solo Malta, Spagna e Portogallo. I migliori sono la Polonia, la Slovenia, la Repubblica Ceca, la Slovacchia che si fermano a quote intorno al 5%. Colmare questo gap dovrebbe essere una priorità. Eppure c’è una norma nel pacchetto lavoro del governo che sembra muoversi in direzione esattamente opposta. Perché tra i giovani che possono essere assunti con zero costi previdenziali per il datore di lavoro ci sono quelli «privi di un diploma di scuola media superiore o professionale». Secondo l’Istat sono circa 116 mila. Sono lavoratori svantaggiati che si vorrebbe far entrare nel mercato del lavoro. Ma il loro sarebbe un ingresso debole, a rischio di espulsione in tempi molto ravvicinati. Sì, certo, dovrebbero essere poi riqualificati dall’imprenditore. Ma questo nella realtà italiana accade di rado. E allora: non era meglio spendere quei pochi soldi per far loro imparare l’inglese o il cinese o, perché no, l’arabo? E farli entrare nel mercato del lavoro un po’ più forti? L’impressione è che anche questa volta sia mancato un progetto per i giovani. Come da vent’anni a questa parte.
La Repubblica – Affari Finanza – Roberto Mania – 1 luglio 2013