di Ivan Cavicchi, da Quotidiano sanità. Il nuovo sciopero di 48 ore annunciato dai sindacati medici sarà forse un ballon d’essai, forse no. Ma resta il fatto che è stato convocato senza che sia stata fatta una analisi del percorso fatto sino ad ora, degli insuccessi accumulati, dei rischi di ulteriore delegittimazione e delle gravi conseguenze che potrebbero derivarne
I medici hanno proclamato un nuovo sciopero questa volta di 48 ore. Non si sa se per mettere paura al governo e rimediare una qualche “mollichella” o farlo per davvero. Se lo dovessero fare per davvero i rischi di insuccesso politico considerando tutto (tempi, contesti, modalità, processi, impellenze, ecc.) sono molto alti. Ricordatevi i medici di medicina generale che dichiarano uno sciopero, rientrano dalla mobilitazione il giorno prima perché il governo alla vigilia delle elezioni (18 maggio 2015) li convocò per non dare loro niente, come niente, passate le elezioni, ha loro dato.
I rischi legati a questo nuovo sciopero sono di due tipi:
· esogeni cioè dovuti ad indifferenza politica del governo, alla scarsa credibilità della rivendicazione sindacale ma soprattutto ,considerando le politiche decise con la legge di stabilità, alla bassa possibilità di portare a casa qualcosa di significativo che compensi lo sciopero (rischio della “mollichella”);
· endogeni dovuti a semplice disimpegno dei medici stufi e disincantati.
Con questo sciopero il quadro dirigente dei medici (mi riferisco a quello più ristretto cioè quello che determina davvero la linea politica) rischia grosso, e questo è il primo dato che mi colpisce per il suo significato ambivalente:
· la sottovalutazione di un possibile giudizio “politico” della base sull’inconcludenza della sua azione (valutazione dei risultati prima ancora che delle capacità dei singoli) come se esso fosse al di la del bene e del male …e quindi intangibile;
· l’idea dello sciopero come atto dovuto al fine anche (ripeto “anche”) di rilegittimarsi in qualche modo quale gruppo dirigente quindi quale autogiustificazione a parte il dovere canonico di rappresentare la rivendicazione.
Con questo sciopero, a mio parere, a parte i problemi gravi di insufficienza della piattaforma (sui quali intendo tornare più avanti) l’attenzione di fatto si sposta sul ruolo, sui limiti e sulle responsabilità del quadro dirigente. Ormai è chiaro che “piattaforma” e “quadro dirigente” e “azione di protesta”, si definiscono in modo interscambiabile.
Una piattaforma adeguata alla “questione medica”, come ho scritto più volte, non c’è, meno che mai c’è una proposta convincente per tenere testa alle politiche di destrutturazione della spesa del governo, anche se dal sovrapporsi della prima con la seconda nascono tutti, ripeto “tutti”, i problemi della professione. Quello che c’è, è una classica ma anche legittima rivendicazione di interesse secondo me con una modalità rivendicativa sbagliata.
Oggi il problema per i medici non è solo l’interesse da difendere su cui non si discute e rispetto al quale nel mio piccolo ho sempre solidarizzato, ma è anche “come” esso viene difeso. Aspetto non marginale sul quale come è noto non ho mai nascosto lealmente le mie riserve. Se l’interesse viene difeso in modo del tutto decontestualizzato come mi pare si voglia fare anche con questa ultima dichiarazione di sciopero allora l’interesse alla fine per quanto legittimo rischia di rivelarsi intutelabile. In questo caso il quadro dirigente si dimostrerebbe palesemente incapace di creare nei confronti del governo e dei mutamenti socio economici del paese, ragionevoli condizioni di tutelabilità.
Oggi il problema del “quadro dirigente” si impone anche per un’altra ragione. L’ambito dell’interesse del medico è diventato molto ampio perché esso non coincide più solo con la sua retribuzione ma si è allargato per ragioni più grandi di lui, alla crisi della professione, del suo ruolo, del suo status, della sua identità, della sua operatività ma soprattutto si è allargato in quanto “bene comune a rischio” a ciò che interessa la società a ciò di cui ha bisogno il cittadino.
Quando non c’è la cena da servire è discutibile scioperare perché la tavola non è apparecchiata. Rinnovare contratti e convenzioni mentre la professione è vittima di cambiamenti che non controlla, che subisce, che la impoverisce fino a rischiare lo snaturamento del suo paradigma, ha meno senso di ieri. Non dico che non ha senso perché il contratto o la convenzione restano cose importanti. Dico però che separando il contratto dalla “questione medica” avendo a che fare con politiche di profonda svalutazione del lavoro e della professione si cade nella schizofrenia alla quale con tutta sincerità non mi sentirei di affidare un alcunché meno che mai uno sciopero di protesta.
Quindi oggi il problema politico del “quadro dirigente” viene fuori in primo piano perché la posta in gioco è molto alta e non ci si può più permettere incapacità, sventatezze, disattenzioni. O meglio l’inavvedutezza di chi comanda può anche starci per ragioni diverse (potere auto riferito, assenza di un ricambio, alternativa debole, interessi personali, ecc.) ma sapendo che comunque “causa sui” la professione medica paga in quanto professione e in quanto categoria un prezzo molto salato.
Infine c’è ancora un’altra ragione che ci impone la riflessione sul “quadro dirigente”, ed è quella che la sua crisi di credibilità nei confronti della sua base e delle sue controparti, non nasce da una contingenza, cioè da un particolare momento difficile, come può essere una inondazione, un terremoto o una catastrofe economica, ma è il risultato finale di una lunga serie di insuccessi e di battaglie perse.
Questo che abbiamo è un “quadro dirigente” molto poco “impermanente”, per dirla con i buddisti, che permane indifferente alle temperie dei propri insuccessi come una montagna che resta tale nonostante continui a franare:
· conferenza nazionale della professione medica (Fnomceo giugno 2008), forse il momento strategico più significativo della storia recente del movimento medico, che si conclude con una “dichiarazione di consenso” che probabilmente resta il punto unitario della professione più avanzato. Abbandonata come se fosse un fuoco di paglia o peggio una velleità senza che nessuno abbia mai spiegato il perché;
· manifestazione del 2012 promossa dall’intersindacale medica e dalla Fnomceo una massa impressionante di medici sfila in corteo a Roma quindi grande partecipazione ma nessun risultato.. anzi da quel momento in poi il gioco contro i medici si fa ancor più pesante;
· stati generali della professione medica (Fnomceo 21 0ttobre 2015) rimando al mio articolo del giorno dopo (QS 22 ottobre 2015) sull’arte della guerra, una impressionante manifestazione pubblica di sprovvedutezza politica, nessun risultato pratico;
· sciopero dei medici promosso dall’intersindacale medica con la benedizione della Fnomceo su scala nazionale (16 dicembre 2015) del tutto intempestivo che interviene dopo che la struttura della legge di stabilità e stata decisa e sulla base di una rivendicazione legittima, giusta ma politicamente implausibile … neanche uno straccio di convocazione…niente di niente;
· dichiarazione di 48 ore di sciopero forse un ballon d’essai forse no senza che sia stata fatta una analisi del percorso fatto sino ad ora, degli insuccessi accumulati, dei rischi di ulteriore delegittimazione e delle gravi conseguenze che potrebbero derivarne.
Per quanto mi riguarda come è noto e ho sostenuto pubblicamente:
· l’azione del movimento dei medici, pur nutrendo perplessità di fondo su molte cose,
· le ragioni di una piattaforma che mettesse al centro la questione medica,
· la necessità di un pensiero riformatore.
Ora dopo la nuova dichiarazione di sciopero, come analista ma anche sostenitore del lavoro professionale, quindi come riformatore e cittadino che si batte per avere un medico che resti tale pur ripensato nel nostro tempo, avverto forte la necessità di allargare il ragionamento perché è indubbio che qualcosa nel manico non va e che così non si può andare avanti.
Nell’articolo di Biagio Papotto (Qs 23 gennaio 2016) ho apprezzato la sua disponibilità, per amore della professione, a discutere. Con lo stesso spirito vi propongo di aprire una discussione sui problemi di un “quadro dirigente” che come un osservatore che guarda il mondo non è cosciente di essere implicato fino al collo in ciò che osserva illudendosi che ciò che osserva non abbia nulla a che fare con lui, con i suoi limiti, con i suoi problemi e purtroppo anche con i suoi interessi personali. Non è così.
Il quadro dirigente o se preferite il “problema della rappresentanza”, come ho scritto tante volte nei miei saggi, è una componente importante della “questione medica”. La piattaforma è funzione ancor prima che delle politiche del governo del quadro dirigente sindacale che la propugna. A coloro che si dispiaceranno di ciò che dirò e che da anni hanno un ruolo nelle decisioni di rappresentanza tanto nel sindacato che nell’ordine, vorrei rivolgere uno sfottò amichevole sperando che oltre a comprendere lo spirito costruttivo delle mie intenzioni si facciano una risata: “ma ‘ndo vai se la banana nun ce l’hai?” (Polvere di stelle, 1973, Alberto Sordi e Monica Vitti). (Fine prima parte)
Ivan Cavicchi – Quotidiano sanità – 29 gennaio 2016