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Lorenzin: «Errore fatale la sanità alle Regioni». Zaia: «Siamo in guerra». L’ennesimo round di una battaglia infinita

zailoreNon c’è verso: il governatore Luca Zaia e il ministro alla Salute, Beatrice Lorenzin, non si prendono proprio. Dalla scorsa estate è un tripudio di bordate Roma-Venezia, che ieri ha raggiunto un acuto in diretta. Tutta «colpa» di Gianni Minoli, che durante un «faccia a faccia» in diretta su Radio24 ha chiesto alla Lorenzin: «Ministro, questa sanità delegata alle Regioni è stato un errore fatale?». «Per me sì, fatale, alla fine il risultato lo vediamo — ha ammesso lei —. Ma non ci si può rassegnare, una parte della materia è appena stata cambiata dalla riforma della Costituzione. Il Patto della Salute sancisce un cambiamento di orizzonte molto forte». Con il nuovo articolo 117 del titolo V della Costituzione, approvato l’8 ottobre dal Senato, si ampliano infatti le competenze statali, con l’esclusività della potestà legislativa nella determinazione dei Livelli essenziali di assistenza e nelle «Disposizioni generali e comuni per la tutela della salute e per le politiche sociali».

Le Regioni avranno autonomia solo nella programmazione e nell’organizzazione dei servizi sanitari e sociali. E così Minoli ha incalzato la Lorenzin: «Insomma, lei si sente di dire basta sanità alle Regioni?». «Io lo dico da sempre e sono anche un po’ isolata. Per me è stato un grande errore questa riforma, che ora però va gestita. Non si può dire: siccome è stato un errore rimaniamo così. Ci dev’essere consapevolezza da parte di tutti, bisogna dare obiettivi chiari, misurabili e trasparenti e chi sgarra, paga». Secondo il ministro «bisognerebbe fare un tagliando e vedere cosa funziona e cosa no. Quello che non funziona è sotto gli occhi di tutti: metà Italia è commissariata, decentrare la sanità ha portato a tanti doppioni e sprechi». «Su un Fondo sanitario nazionale di 111 miliardi di euro, 30 sono sprechi — ha detto ancora a Radio24 — recuperandone solo una parte, daremmo agli italiani un servizio che nel resto del mondo si sognano».

Apriti cielo. Finita la trasmissione è arrivato l’uno-due Zaia-Coletto. «Finalmente si gioca a carte scoperte — tuona il presidente — il ministro ha confessato l’inconfessabile. Ora abbiamo la certezza che avevamo visto giusto nel salire sulle barricate contro i provvedimenti governativi in materia di sanità. La Lorenzin smetta di paragonare la sanità veneta a quella delle, purtroppo ancora molte, Regioni dove non funziona e si sprecano miliardi. La smetta di fare proclami e traduca, se ha coraggio, in una legge questi suoi pensieri. Risponderò indicendo un referendum per chiedere ai veneti se preferiscano essere curati dal ministero della Salute o dalla Regione». «Nella loro sorprendente sincerità, le dichiarazioni del ministro sono di una gravità senza precedenti — incalza l’assessore alla Sanità, Luca Coletto — e cambiano completamente il rapporto tra le Regioni e il governo. E’ una dichiarazione di guerra. Lorenzin autosmaschera un disegno centralista che denunciamo da anni: ora si spiegano i tagli indiscriminati, il disconoscimento del Patto per la Salute, il rifiuto di applicare i costi standard».

Nel pomeriggio, su Rai2, il ministro ha precisato: «Il sistema che c’è ora va rivisto: le Regioni virtuose subiscono comunque tagli e le altre non riescono a uscire dalla crisi. Zaia vuole indire un referendum? Lo faccia, ma non è questo il tema». «L’errore fatale è stato nominare lei ministro», chiosa Roberto Ciambetti, presidente del consiglio regionale. E’ l’ennesimo round di una battaglia iniziata con la scure sul fondo sanitario, che ha tolto al Veneto 235 milioni. «Misure decise con la Conferenza delle Regioni — aveva detto la Lorenzin — negli ultimi anni il Veneto ha avuto la presidenza della commissione Salute, quindi insieme alla Lombardia ha indicato la linea, compreso il taglio di 2,3 miliardi a cui sono contraria». «Non accetto lezioni dal ministro dei tagli alla sanità — la replica di Zaia — al suo posto mi sarei dimesso». Secondo atto: «Il Veneto era la regione più efficiente nel rapporto tra costi e servizi, ma ha rinunciato a svolgere il ruolo di benchmark. Ha partecipato a tutti i processi decisionali, salvo cadere dal pero al momento delle scelte», aveva rincarato la Lorenzin. «Le scelte da galantuomini fatte dal Veneto vengono strumentalizzate per descrivere situazioni non vere — la ripartenza del governatore —. Smetteremo di comportarci da galantuomini». In mezzo, la revoca della presidenza della Commissione Salute a Coletto. Oggi tra i due litiganti s’insinua lo zampino della Cgil: «Se Zaia è contro la centralizzazione perché propone il monstre Azienda Zero? Anche noi diciamo no a scelte centralistiche, non lo deve fare Roma ma nemmeno Venezia». (Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto)

E per la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, «non sembra una mossa vincente opporre alle Regioni gli apparati burocratici di un Ministero». Per Serracchiani «la sanità certo ha bisogno di mettere a posto molte storture, ma non è abolendo i sistemi sanitari regionali che si comincia a raddrizzarle. Abbiamo sanità buone – ha proseguito – sia in realtà regionali ordinarie sia in Regioni dotate di un proprio statuto di autonomia. Eliminare l’ambito regionale nel sistema sanitario collettivo rischierebbe di produrre una struttura elefantiaca, forse molto più difficile da governare e non è sicuro che il livellamento sarebbe verso l’alto».

Insomma, per la presidente quanto sostiene il ministro Lorenzin, «a proposito della necessità di maggiore consapevolezza e responsabilità, e di dare degli obiettivi chiari, misurabili e trasparenti, non può che essere condiviso. Ma non è in contraddizione – ha concluso – con i principi di un regionalismo moderno ed europeo».

20 ottobre 2015 

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