Un licenziamento ingiusto: l’inoperosità è giustificata. Un lavoratore di un sugherificio chiacchiera per un quarto d’ora con un collega. L’amministratore delegato, rilevata la situazione di lassismo, lo invita a riprendere il lavoro.
Il lavoratore gli risponde in malo modo. Per questi motivi viene licenziato, per ragioni disciplinari. Il licenziamento viene confermato dal Tribunale, mentre la Corte d’Appello ordina la reintegra del lavoratore, rilevando che, vista la deposizione di un altro collega, si possa ritenere che l’ingiustamente licenziato fosse in attesa di altro materiale da lavorare. La società ricorre per cassazione perché il giudice avrebbe deciso sulla base di una mera presunzione scaturente da un fatto «inammissibilmente dedotto per la prima volta in appello». La Cassazione (sentenza 6125/13) respinge il ricorso, in parte perché con esso si cerca di riproporre un diverso apprezzamento dei fatti, improponibile in sede di legittimità, visto che «spetta al giudice di merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge». Così, con logicità, è stata ritenuta non provata l’ingiustificata inoperosità del lavoratore. Allo stesso modo non è stato ritenuto provato che la risposta poco cortese del lavoratore rappresentasse un insulto o un’insubordinazione. La Corte rileva poi che la testimonianza, da cui poi è stata tratta la presunzione, è stata raccolta già in primo grado e che «le mere inferenze logiche ricavabili dalla (…) testimonianza non costituiscono allegazione di fatti nuovi». Peraltro l’art. 2729 c.c., nel richiedere presunzioni gravi, precise e concordanti, si riferisce «all’idoneità dimostrativa del singolo elemento presuntivo», mentre nel caso in questione la presunzione è stata utilizzata per «dimostrare come non raggiunta la prova dell’addebito». La giurisprudenza ritiene che la concordanza richiesta dalla norma civilistica valga nel caso in cui si sia in presenza di più presunzioni, ma che si possa comunque decidere anche sulla base di una sola presunzione. Per questi motivi la Corte conferma l’illegittimità del licenziamento disciplinare.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it – 1 luglio 2013