Basta ballare con i lupi, adesso si torna a sparare. In teoria è una notizia buona, perché significa che questi animali non sono più in via di estinzione, almeno negli Stati Uniti. In pratica, però, la decisione di riaprire la caccia in molte regioni del Paese sta già scatenando le polemiche.
Il rapporto tra uomini e lupi è complicato da sempre, anche senza scomodare Cappuccetto Rosso. In America, però, è stato a lungo una questione di sopravvivenza. Il mito tramandato dal secolo scorso ci ha insegnato che gli immigrati in cerca della nuova frontiera avevano tre grandi problemi da superare: le difficoltà climatiche, risolte con l’aria condizionata, le case in muratura riscaldate, e i moderni mezzi di trasporto; la convivenza con chi era arrivato prima, imposta agli indiani attraverso la guerra; e la competizione con le forze della natura, tipo orsi, serpenti, bisonti e appunto lupi, che era impossibile rinchiudere nelle riserve con i convincenti argomenti delle armi prima, e dei trattati di pace poi. Per questo genere di nemici, quindi, erano rimaste solo le armi: «Un secolo fa – ha detto al “Washington Post” Jamie Rappaport Clark, presidente dell’organizzazione Defenders of Wildlife – noi americani combattemmo contro i lupi per il dominio del territorio. Vincemmo. Ora dobbiamo trovare il modo di equilibrare le esigenze della natura con quelle degli uomini».
Ecco il punto, che rivela la nuova tendenza negli Usa. Per tre secoli il lupo, cattivo per antonomasia, era stato cacciato: serviva la sua pelliccia calda, bisognava evitare che sterminasse gli animali da allevamento e occasionalmente gli esseri umani. L’offensiva era andata così bene che nel 1973 il governo federale era stato costretto a dire basta. Nei 48 Stati che costituiscono il corpo della nazione, Alaska e Hawaii a parte, erano rimaste poche centinaia di lupi. L’estinzione era dietro l’angolo, e Washington aveva deciso di intervenire. I lupi erano diventati di colpo un patrimonio da proteggere: non solo era stata vietata la caccia, ma il Fish and Wildlife Service aveva avviato programmi per farli moltiplicare.
Quaranta anni dopo, il governo può dichiarare il quasi completo successo della sua iniziativa. Il lupo è tornato, e gode di ottima salute. Nei 48 stati contigui ce ne sono circa 6.000, mentre in Alaska vivono tra 7.700 e 11.200 esemplari. Tutte le varietà sono ormai fuori pericolo, con la sola eccezione di due: i lupi grigi messicani in Arizona e New Mexico, e quelli rossi in North Carolina. Per gli altri, l’emergenza è finita.
L’altro lato di questa medaglia è che adesso i lupi sono diventati anche troppi, e quindi si pone il problema di riportare la loro popolazione in equilibrio, rispetto agli esseri umani e ai loro animali da allevamento. Risultato: dal primo ottobre la caccia tornerà legale nel Wyoming, sede dello spettacolare parco di Yellowstone, che così diventerà il quinto Stato a consentire di sparare sui vecchi competitori dei cowboy. Non sarà un’offensiva indiscriminata come quella del passato, perché serviranno licenze apposite e i numeri saranno strettamente controllati. Però alcuni gruppi ambientalisti si sono già lamentati, temendo la strage: non si capisce – secondo loro – come sia possibile che il 30 settembre il lupo ha bisogno di protezione, e il 1° ottobre può essere ammazzato.
Il Fish and Wildlife Service ricorda che l’Endangered Species Act non è una legge per la protezione degli animali, ma per evitare la loro estinzione. Tutti concordano sui vantaggi legati al ritorno dei lupi, dai turisti che fanno la coda per vederli alla vegetazione di betulle che proprio a Yellowstone è rinata, perché i lupi tengono lontane le bestie che saccheggiavano foglie e arbusti. La natura però ha bisogno del suo equilibrio, a cui contribuisce anche un predatore chiamato uomo.
La Stampa – 22 settembre 2012