«E’ un tragico mistero», secondo medici e scienziati, «un caso eccezionale che fa riflettere», secondo la virologa Ilaria Capua, la morte della piccola Sofia Zago, la bimba di 4 anni di Trento uccisa dalla malaria lunedì, agli Spedali Civili di Brescia. Sofia non era mai stata nei Paesi a rischio infezione, in aree tropicali o subtropicali, ma nella prima metà di agosto aveva trascorso le vacanze a Bibione con il papà Marco, la mamma Francesca e il fratello maggiore. Il 13 del mese scorso era stata accolta al punto di primo intervento della località di mare, precisa l’Usl 4 di San Donà, e poi spostata all’ospedale di Portogruaro, dove le era stato diagnosticato il diabete infantile. «Il 16 i genitori ne hanno chiesto il trasferimento a Trento — precisa una nota dell’azienda sanitaria — al momento delle dimissioni non erano presenti sintomi riconducibili a malattie infettive». Probabilmente perché la malaria ha tempi di incubazione lunghi, spiega il dottor Zeno Bisoffi, direttore del Centro per le Malattie tropicali dell’ospedale Sacro Cuore di Negrar, che dal 1989 ha curato 1500 malati, uno dei quali deceduto. «Ci vogliono dagli 8 ai 20 giorni perchè la zanzara della specie Anopheles che veicola la malaria Plasmodium falciparum (la forma più grave, ndr ) e che in Italia non è più presente dalla fine della seconda guerra mondiale, diventi infetta dopo aver punto un soggetto malato. E ce ne vogliono altrettanti perchè la patologia si scateni nella persona punta per seconda e quindi contagiata».
E infatti il 31 agosto Sofia, che lamentava febbre alta e gola arrossata, è stata dimessa dal Pronto Soccorso del «Santa Chiara» di Trento con una diagnosi di faringite. Ma poi si è aggravata, così il 2 settembre i genitori l’hanno riportata all’ospedale. E’ stata ricoverata in Pediatria, quindi in Terapia intensiva e infine, scoperta la malaria, trasferita a Brescia, dotata di Centro per le malattie tropicali. La bimba ci è arrivata in elisoccorso sabato pomeriggio, già in coma. Il triste esito della vicenda è ora al centro di due inchieste per omicidio colposo aperte dalle Procure di Trento e di Brescia, con le quali l’Usl 4 collaborerà, «fornendo tutta la documentazione sul ricovero della bambina». L’autopsia è prevista per domani, all’Istituto di Medicina legale di Brescia, al momento non risultano indagati. E non è stata disposta alcuna profilassi nei luoghi frequentati da Sofia, nemmeno in Veneto, perchè la malaria non è contagiosa. «Non si trasmette da persona a persona — precisa il dottor Bisoffi — ma solo attraverso la zanzara Anopheles. L’ultimo caso di contagio autoctono in Italia risale al 1997, a Grosseto». Per far luce sul mistero della trasmissione dell’infezione, che i medici tenderebbero ad attribuire ad una zanzare portata in valigia o sugli abiti da persone infette provenienti dall’Africa, il contributo della nostra regione potrebbe essere decisivo. Se in un primo momento il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, aveva ipotizzato che Sofia fosse stata infettata all’ospedale di Trento, forse per la presenza di due fratellini del Burkina Faso colpiti dalla malattia e magari visitati da parenti «portatori» della zanzara Anopheles, i successivi approfondimenti con entomologi e infettivologi hanno prodotto un doppio intervento. Da una parte una task force coordinata dall’Istituto superiore di Sanità, inviata all’ospedale di Trento, chiamata a confermare la diagnosi e a capire se ci sia stato un contagio di sangue (siringhe usate nei due bimbi infetti e poi in Sofia, benché a Trento assicurino di usare solo strumenti monodose), dall’altra la disinfestazione del «Santa Chiara» e il monitoraggio di ogni luogo frequentato dalla bimba. Per capire se vi si annidino zanzare capaci di veicolare la malaria.
Su questo secondo fronte scende in campo l’Istituto Zooprofilattico delle Venezie (IZV). «Dal 2010 gestiamo un piano di sorveglianza su presenza e densità delle zanzare in Veneto e Friuli — spiega la dottoressa Gioia Capelli dell’IZV — e finora il vettore della malaria non è stato individuato. Ci sono tre gruppi di Anopheles che però non la veicolano e comunque rappresentano uno 0,5% del milione di esemplari catturato tra il 2010 e il 2016. Abbiamo posizionato 76 trappole e in seguito alla morte della bimba andremo a rivedere la più vicina a Bibione, cioè quella di Caorle, dove nel 2016 abbiamo catturato solo 5 Anopheles. Qui vivono alcune specie che possono diffondere la malaria vivax, forma benigna molto meno pericolosa della Plasmodium falciparum che ha ucciso Sofia. E poi ci sono la zanzara Culex, vettore del West Nile, e la zanzara tigre o Aedes, che trasmette la Dengue e la Chikungunya». «Non sarà facile individuare le cause della trasmissione della malaria — ammette il professor Giovanni Rezza dell’Iss — noi esamineremo il campione di sangue della bimba e avvieremo indagini epidemiologiche sui suoi ultimi venti giorni di vita». Periodo nel quale rientra la vacanza trascorsa a Bibione.
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 6 settembre 2017