«Il ministro dell’Interno ci ha dato indicazione di offrire alla Regione la massima e leale collaborazione e noi siamo felici di questo perché la nostra missione è quella di calarci totalmente sul territorio ed essere interpreti delle esigenze e delle aspettative dei cittadini che ci vivono». Così il prefetto di Venezia Carlo Boffi ha salutato ieri a Palazzo Balbi, a nome di tutti i prefetti del Veneto presenti in platea, la firma del protocollo d’intesa con il presidente della Regione Luca Zaia che apre definitivamente la strada al referendum sull’autonomia del 22 ottobre.
«Le autonomie locali sono i nostri interlocutori quotidiani – ha proseguito Boffi, in qualche modo smentendo le ricostruzioni che vorrebbero i prefetti come i paladini del centralismo statale – e noi siamo sempre aperti al confronto. Di più: questo referendum, per certi versi unico nel suo genere, è stato uno stimolo ed una sfida anche intellettiva, dal momento che ci ha costretto ad affrontare svariate problematiche tecnico-pratiche. Ora speriamo che vada tutto per il meglio». Il ministero dell’Interno si occuperà dunque della revisione e della messa a disposizione delle liste elettorali, della vigilanza sulla propaganda, della tutela dell’ordine pubblico e del presidio dei seggi, della messa a disposizione degli edifici scolastici e di ogni altro immobile utile per ospitare le sezioni. Le prefetture comunicheranno alla Regione il numero delle sezioni da utilizzare, collaboreranno con i Comuni e la Corte d’appello per la nomina dei presidenti di sezione e dei componenti degli uffici elettorali, assicureranno alla Regione un supporto per la diffusione di circolari e istruzioni. La Regione, che sosterrà i costi della realizzazione del referendum (14 milioni di euro), predisporrà le schede e tutta la documentazione di rito e si occuperà, anche a mezzo della comunicazione elettronica, della trasmissione delle istruzioni per gli uffici. Su tutte le operazioni sovrintenderà un «Organismo di Raccordo» composto dai rappresentanti della Regione e delle prefetture, coordinato dal pre Boffi.
Risolta (ma a sentire Zaia non era neppure mai scoppiata) la grana della tessera elettorale «negata» dal ministero. In realtà, Regione e prefetture hanno sempre concordato sul non utilizzo della tessera, riservata alle consultazioni elettorali ed ai referendum abrogativi (quello del 22 ottobre è solo consultivo), ed il caso è stato più politico – subito cavalcato da leghisti e indipendentisti – che istituzionale. «Non ci ha fatto per niente bene – ha commentato Zaia – sembrava che ad organizzare il referendum fossero le Giovani Marmotte… Semplicemente, i veneti dovranno recarsi ai seggi con la tessera ed un documento d’identità e il presidente di seggio, anziché timbrare la tessera, rilascerà una ricevuta che attesterà l’avvenuta votazione». Ciò chiarito, il governatore si è detto soddisfatto della firma di ieri, avvenuta in un inusuale clima di concordia tra Roma e Venezia, «punto di approdo finale di una strada lunga, impervia e faticosa, a tratti sconosciuta, costellata da una marea di adempimenti e una montagna di carte» ha detto Zaia, che a riprova ha raccontato l’odissea affrontata per trovare le matite copiative: «Pensavamo ci fosse un magazzino qui da qualche parte, vai e compri le matite… e invece ci è toccato andare fino in Germania perché l’azienda più vicina che le produce è lì». Quindi ha avvertito di nuovo: «La Storia ci offre una pagina bianca tutta da scrivere, sta al popolo veneto decidere il verdetto. Una cosa è sicura: se un veneto su due starà a casa, io cestino tutto. Conosco Roma, non vado lì a trattare per sentirmi dire: ma come? ve se ne stavate davanti alla tivù…».
In chiusa, l’occasione è stata propizia anche per chiedere al prefetto Boffi come intende comportarsi (e con lui gli altri rappresentanti del governo) davanti alla legge regionale che obbliga ad esporre la bandiera del Veneto accanto a quella italiana e quella europea. «L’esposizione delle bandiere – ha spiegato Boffi – è rigidamente regolamentata dalla Presidenza del Consiglio. I prefetti, come tutti i funzionari pubblici, devono attenersi alle indicazioni della Presidenza che stiamo ancora attendendo, per cui ad oggi non sono in grado di rispondere a questa domanda». E la bandiera, intanto, resta nel cassetto.
Ma. Bo. – Il Corriere del Veneto – 6 settembre 2017