Attuazione delle riforme al giro di boa: a fine ottobre la messa a punto dei provvedimenti necessari a rendere efficaci le manovre varate dagli ultimi tre governi per rilanciare l’economia e far ripartire il Paese ha infatti raggiunto quota 52,7%. Un balzo in avanti significativo (+4,9%) se si considera che a fine agosto il tasso si fermava al 47,8 per cento.
A fare da traino sono stati soprattutto i decreti adottati per dare operatività al pacchetto di riforme targate Letta che ha fatto registrare un aumento di oltre 10 punti percentuali, passando dal 38,3% di due mesi fa al 48,6% di questi giorni. Anche i regolamenti richiesti dalle misure per lo sviluppo messe in campo dall’esecutivo Monti sono andati avanti, ma più lentamente, con un incremento del 2% (dal 72,2% di fine agosto al 74,2%). Migliore la performance per gli interventi predisposti dal governo Renzi: dal 4,3 all’8,2%, con un’accelerazione sul Dl Irpef che passa dal 10,2 al 16,7 per cento.
La strada resta comunque in salita perché nonostante il tasso di attuazione sia cresciuto, più che dimezzando lo stock complessivo di 907 provvedimenti attuativi, c’è da considerare che ci sono ancora in lista d’attesa 429 atti, per 189 dei quali è già scaduto il termine che il legislatore aveva fissato per la loro adozione. Un fardello non trascurabile e che anzi rappresenta un’ipoteca sulla crescita, tanto che il governo Renzi nella nota di aggiornamento al Def di inizio ottobre ha dovuto rivedere al ribasso l’impatto delle riforme sul Pil correggendo le stime di aprile proprio «per tener conto dei ritardi nell’approvazione dei provvedimenti attuativi».
Problema che tutti gli ultimi esecutivi avevano ben presente anche perché per uscire dalla crisi sono state varate manovre a più riprese che hanno generato una mole di quasi mille regolamenti in tre anni. In particolare però il governo Renzi fin dai primi giorni ha cercato di correre ai ripari riorganizzando la struttura di Palazzo Chigi preposta all’attuazione, struttura avviata dal governo Letta e che ora fa capo al ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, ma soprattutto puntando su leggi più autoapplicative e sullo snellimento delle procedure di approvazione delle norme di secondo livello, agendo sullo snodo dei concerti tra ministeri che rappresenta il vero collo di bottiglia dell’attuazione.
Atale riguardo nella prima versione del Dl sulla Pa era stata inserita una disposizione-tagliola per sveltire i tempi. Nel testo finale però, la norma era sparita per ricomparire del Ddl delega sulla Pa che è all’esame del Parlamento. E con la quale si prevede un massiIl numero complessivo dei provvedimenti attuativi previsti dalle riforme varate dai Governi Monti, Letta e Renzi e la percentuale di attuazione mo di 30 giorni perché il ministero concertante dia il proprio parere all’amministrazione proponente e il ricorso al silenzio assenso in caso di mancata risposta. Ma i buoni propositi restano sulla carta perché a questo punto devono fare i conti con i tempi parlamentari più lunghi di quelli richiesti per un decreto legge. E comunque anche l’attuale esecutivo rimane in bilico tra impegni presi e cattive abitudini del passato.
Perché se pure si registra nelle nuove riforme targate Renzi un tentativo di cambiare rotta ridimensionando il ricorso ai decreti attuativi – come nel caso della legge di stabilità che nel testo approvato dal Consiglio dei ministri ha ridotto rispetto allo scorso anno il bagaglio di norme applicative – allo stesso tempo gli atti di secondo livello previsti hanno già raggiunto quota 171. E si preparano a crescere con l’innesto delle misure previste nel Dl Sblocca-Italia e in quello sulla giustizia civile. Per di più aumenta il numero degli atti per il quale è scaduto il termine di adozione: a fine ottobre sono 68 contro i 27 di fine agosto.
Se poi si guarda non solo alle misure per la ripresa, ma all’intero pacchetto di leggi approvate dagli ultimi tre esecutivi, il compito diventa ancora più gravoso perché secondo l’ultimo monitoraggio fornito dal ministro Boschi, lo stock da affrontare sfiora quota 700.
Il Sole 24 Ore – 2 novembre 2014