Michele Bocci, Repubblica. È come se in un solo giorno un policlinico, cioè un grande ospedale, avesse smesso di occuparsi dei suoi malati per essere esclusivamente destinato alle persone colpite dal Covid. Ieri il coronavirus si è preso altri mille posti letto del servizio sanitario italiano. Adesso siamo a 14.281 ricoverati, cioè circa il 43% dei 33.040 del 4 aprile, quando si è raggiunto il picco della prima ondata. La crescita segue, a distanza visto l’alto numero di asintomatici, quella dei nuovi positivi.
Il numero dei ricoveri di ieri tiene conto anche delle terapie intensive (1.284 pazienti) che per ora, in proporzione, sono meno impegnate del resto dei reparti rispetto alla prima fase. E infatti a preoccupare di più sono le degenze cosiddette ordinarie. Il problema principale del coronavirus al momento è questo: riduce lo spazio di cura delle altre malattie. Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ieri ha ricordato i rischi. «Le altre patologie non sono finite in lockdown. Troppi screening e troppe cure vengono rinviate a causa della pandemia, si rischiano ritardi irrecuperabili nelle diagnosi e pericolose interruzioni di terapie che non consentono pause o sospensioni».
A marzo e aprile la l’”altra” sanità si era praticamente fermata. E gli effetti si stanno scontando ancora, con screening, interventi chirurgici e terapie da recuperare. Ridurla di nuovo, con o senza lockdown, avrebbe effetti disastrosi a breve ma anche lungo termine. «Non possiamo permetterci di bloccare di nuovo tutto», spiega Dario Manfellotto, presidente di Fadoi, la federazione degli internisti ospedalieri, e primario della medicina interna del Fatebenefratelli di Roma. «L’onda sta invadendo gli ospedali — aggiunge — Spesso i casi non sono gravissimi ma vanno tenuti comunque in ospedale 10 o 15 giorni. E magari i pazienti non possono essere rimandati a casa perché dividono un piccolo appartamento con i familiari. I reparti hanno anche più problemi nelle regioni dove non ci sono alberghi sanitari. A Roma avevamo proposto di aprire per questo scopo strutture dismesse come il vecchio Forlanini ». Ieri il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha detto che il Comune cerca strutture per la quarantena. Dopo l’accordo chiuso con un hotel ne è stato fatto uno con l’Aeronautica militare per un immobile a Linate.
Dal Lazio invece l’assessore alla Salute Alessio D’Amato avverte che «i ricoveri hanno già superato la quota massima della prima ondata con una ascesa della curva molto repentina ». Ieri i degenti con il Covid erano 1.757 contro i 1.607 del 27 aprile. Anche in Campania, e nelle altre regioni dove a primavera il coronavirus non aveva colpito duramente, la situazione è simile. Se nel giro di due settimane la curva dei contagi non si fermerà «rischiamo il collasso », ha detto D’Amato, che sta cercando posti letto anche presso i privati. Sintetico il governatore del Veneto Luca Zaia: «Sono tanti gli asintomatici e fuori la vita è regolare, ma questa è un’emergenza ospedaliera. Il coronavirus manda in tilt il sistema sanitario».
Manfellotto spiega che nei 1.137 ospedali italiani ci sono circa 60 mila letti di specialità internistiche. Quindi l’occupazione al momento è di circa il 25%, con punte più alte in certe regioni. L’Istituto superiore di sanità nel suo report settimanale valuta come indicatore di una situazione grave il 40% di occupazione. Ma i malati di Covid non finiscono solo in malattie infettive, pneumologie, medicine interne, vengono anche sistemati nei reparti chirurgici. Cioè quindi potenzialmente in tutti i 190 mila letti per i ricoveri ordinari del nostro Paese. Il numero è alto ma l’erosione toglie comunque spazio a altri pazienti.
«Il problema che stiamo vedendo nei pronto soccorso è legato a questa situazione — dice ancora Manfellotto — Nei reparti non si trovano posti letto per i malati Covid e per questo i dipartimenti di emergenza si intasano. Ma lo stesso discorso vale per pazienti con problemi diversi. Se in un ospedale chiudo la cardiologia o i letti chirurgici poi non ho spazio per i malati con problemi al cuore o che devono essere operati».
Guido Bertolini del Mario Negri, che è anche responsabile del coordinamento Covid-19 dei pronto soccorso lombardi, parla di «Situazione disperante. Il virus va a velocità incredibile. Paghiamo la filosofia un po’ attendista dei mesi scorsi. Solo oggi pomeriggio (ieri, ndr) in quattro grandi pronto soccorso di Milano ci sono 300 persone che non si sa dove mettere». Riguardo alla Lombardia, Bertolini aggiunge: «L’aumento repentino dei contagi ha raggiunto il livello di soglia che determina uno stress del sistema ospedaliero»