Il Sole 24 Ore. Recuperare quasi la metà dei due miliardi di tagli per il 2020, indicati dalla Nota di aggiornamento al Def, con una nuova stretta ai budget dei ministeri. È un’impresa non facile e al ministero dell’Economia se ne stanno rendendo conto. Anche per questo motivo, alla fine, la dote potrebbe rivelarsi più contenuta del miliardo ipotizzato nei giorni scorsi.
Negli ultimi due anni, del resto, i dicasteri hanno già subito una cura dimagrante per un valore pari a tre miliardi, al netto degli specifici contenimenti di uscite fatti scattare dall’ultima manovra: il miliardo di riduzione di spesa prevista dalla legge di bilancio targata Gentiloni-Padoan e i 2 miliardi della clausola introdotta sempre con la manovra “gialloverde” e diventata operativa in estate per contenere il deficit 2019. L’altro miliardo e mezzo, ipotizzato con una ulteriore clausola del decreto “salva-conti” a garanzia degli equivalenti risparmi da quota 100 e reddito di cittadinanza contabilizzati nell’aggiustamento di luglio, è stato invece scongelato la scorsa settimana dal Consiglio dei ministri e lasciato nelle disponibilità dei vari ministeri.
Proprio la griglia che era stata ipotizzata la scorsa estate sta diventando la base di partenza per il nuovo giro di vite che scatterà con la prossima legge di bilancio. E che potrebbe interessare solo alcuni dicasteri, a cominciare da quelli della Difesa e dell’Agricoltura, salvaguardando invece il più possibile, Lavoro e Infrastrutture e trasporti. A sostenere il peso maggiore della clausola da 1,5 miliardi del decreto salva-conti era il ministero dell’Economia (1,380 miliardi) agendo su vari Fondi, in particolare quelli di riserva e speciali. E anche con la manovra in arrivo lo schema dovrebbe restare lo stesso, anche se la scure calerebbe in maniera molto meno pesante. Scorrendo le voci restanti della clausola di luglio, ora “annullata”, a subire il congelamento più marcato di risorse era la Difesa (oltre 47 milioni), l’Agricoltura (poco più di 18 milioni) e lo Sviluppo economico con 15,8 milioni. Una strategia che potrebbe essere sostanzialmente confermata con la prossima legge di bilancio, se pure alleggerendo i tagli.
La decisione sarà ovviamente politica. Le ipotesi tecniche in corso di valutazione puntano a non penalizzare le risorse per lo “sviluppo” e le politiche sociali. A differenza di quanto avvenuto con la prima clausola da 2 miliardi del Governo Conte-1. Con cui, dopo un congelamento di sei mesi, sono stati definitivamente sottratti dal bilancio 2019 oltre 600 milioni che da appositi fondi dei ministeri dell’Economia e dello Sviluppo economico dovevano essere destinati alla “competitività”. Altri 100 milioni sono stati poi cancellati dalle disponibilità delle Università e della Ricerca, ai quali si sono aggiunti i circa 40 milioni per le politiche sociali sottratti al Lavoro.
La vera spending review, come ha ribadito il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri scatterà nel 2021 sulla base delle indicazioni che arriveranno da una nuova commissione ad hoc. Ma con la manovra arriverà un primo, piccolo antipasto e non solo sotto forma di tagli ai ministeri. Con tutta probabilità alcune risorse saranno recuperate con la rimodulazione e la riprogrammazione di alcuni fondi e trasferimenti. C’è poi l’opzione del rafforzamento del meccanismo di centralizzazione degli acquisti Pa.
Marco Rogari