Età anziana, disabilità e urgenze dimenticate. E colpevoli ritardi là dove prestazione in velocità vuol dire qualità della cura e risparmio. L’analisi della Corte dei conti al capitolo dei Lea ripropone gli aspetti inevitabilmente spinosi del monitoraggio dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di appropriatezza ed efficacia nell’utilizzo delle risorse diffuso dalla Salute a fine febbraio, ovvero la verifica da cui scaturisce – se del caso – il patentino dell’inadempienza regionale.
In premessa una incongruenza di metodo, ovvero l’esclusione dall’obbligo di invio dei dati per le Regioni a statuto speciale (solo la Sicilia è inclusa, perché sotto piano di rientro, ndr), poco comprensibile – secondo i magistrati contabili – viste le finalità della rilevazione. Poi la lista delle criticità in un panorama che vede sei Regioni inadempienti – Molise, Lazio, Sicilia, Calabria, Campania, Puglia – e due in particolare – Molise e Liguria – col rating al recupero. In linea generale, la maggior sofferenza affligge l’assistenza distrettuale, ad alto tasso di variabilità, con ricadute severe sulle fasce deboli: i posti per anziani in Rsa oscillano da 10 ogni 1.000 anziani nel centro nord (con punte superiori a 25 in Lombardia e Veneto), ai quattro del Lazio fino a 0,6 in Campania e Sicilia, secondo uno schema ripetitivo e immutato nel triennio. Stessa solfa per gli anziani trattati in Adi: si crolla dall’11,6%% dell’Emilia e dal 7,7% dell’Umbria al 2,8% della Calabria e all’1,1% della Sicilia. Disabili e malati terminali non se la passano meglio: nelle Regioni critiche i posti letto in strutture residenziali e semiresidenziali o negli hospice si conferma inferiore del 50% a quello di altre realtà territoriali. Capitolo a sé – dolentissimo – l’ospedaliera, carente d’appropriatezza come non mai: il tasso di ospedalizzazione varia a livello regionale, dal valore massimo (213 per mille) della Puglia al valore minimo del Veneto (146). Rispetto allo standard normativo di 180 per mille tutte le regioni del Sud, Liguria e Lazio presentano un tasso complessivo maggiore della media nazionale. Immancabile – in tema di appropriatezza – il dato sui cesarei: si va dal 28-32% nelle aree settentrionali al 40% nelle regioni in squilibrio, con punte del 62% in Campania e del 53% in Sicilia. Il tutto a fronte di una media Ue del 15 per cento. Inappropriatezza à gogo anche per le patologie che richiedono tempestività: la frattura di femore, a esempio, è affrontata nei tempi dovuti per il 50-75% dei pazienti nelle Regioni in regola e in appena il 50% dei casi nelle Regioni in bilico. Stesso andazzo per quello che riguarda i test volti a prevenire l’insorgere di patologie gravi: nelle Regioni settentrionali e in Basilicata lo screening oncologico coinvolge dal 3 al 13% della popolazione interessata, mentre si passa all’ 1% in Abruzzo e Campania, al 2% nel Lazio, in Sicilia, in Calabria e in Liguria. Una variabilità – rimarca pesantemente la Corte dei conti – che poco ha a che fare con i risultati economici o con le situazioni epidemiologiche e demografiche. Alla radice del tradimento dei Lea stanno le diverse capacità gestionali e l’inappropriatezza delle prestazioni elette a sistema: in linea generale, nelle realtà con un cattivo controllo del budget ci sono le peggiori performance di carattere anche qualitativo. A conferma del fatto che «a maggiori risorse spese non corrisponde una migliore qualità del servizio».
Il Sole 24 Ore Sanità – 12 giugno 2012