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Monti ai sindacati: nuove regole lavoro favoriscano crescita

di Fabrizio Forquet. L’Italia sta facendo la propria parte e continuerà a farla, ma potrà proseguire ancora meglio il proprio percorso di risanamento e crescita se l’Europa farà presto la sua di parte.

Compiti a casa e lavoro comune: proprio come un buon preside Mario Monti sa che la classe Europa porterà a termine il suo programma e si tirerà fuori dalle sue difficoltà se ci sarà sinergia tra l’azione interna dei singoli Paesi e quella comune di cui si dovrà far carico l’Unione europea.

È con questa convinzione che il premier, incontrando venerdì scorso Nicolas Sarkozy, ha avviato i colloqui che lo vedranno nel giro di 15 giorni incontrare prima Angela Merkel, poi David Cameron e infine ancora il presidente francese e il Cancelliere tedesco in un triangolare a Roma. Un’agenda che è già il segnale della credibilità riconquistata dell’Italia. Ma ora quella credibilità va spesa e fatta fruttare.

Per farlo, Monti ne è convinto, «non possiamo pensare di andare da Francia e Germania e dire: noi abbiamo fatto la nostra parte, ora tocca a voi». «No – ripete Monti nel preparare con i suoi collaboratori i futuri incontri -, non è quello l’approccio giusto. Qui ciascun Paese ha fatto delle cose, e noi certamente ne abbiamo fatte tante, credo davvero più di ogni altro, ma tutti dobbiamo continuare a fare i nostri compiti e in più tutti dobbiamo prendere insieme le misure necessarie a livello europeo».

Misure fondamentali queste ultime. Da approvare «in tempi rapidi». Perché solo l’azione comune a difesa dell’euro potrà produrre un significativo abbassamento dei tassi, aiutando i singoli Paesi sulla strada del consolidamento dei propri conti.

«L’Italia – osserva Monti – ha fatto diverse manovre nel 2011 e con il decreto di dicembre ha raggiunto un consolidamento davvero strutturale dei conti pubblici. Anche venerdì scorso in Francia abbiamo potuto constatare l’ammirazione che c’è in Europa per gli sforzi fatti. Ma non per questo ora possiamo fermarci». C’è l’operazione crescita da avviare, «che si articolerà in una serie di provvedimenti da approvare nei prossimi due mesi e in parte entro il 23 gennaio: liberalizzazioni, infrastrutture, riforma del mercato del lavoro su tutto».

Ma contemporaneamente «dobbiamo lavorare insieme ai nostri partner europei, tra Commissione e Consiglio, per migliorare quello che non ha funzionato nella governance dell’eurozona». Lavori, quello interno e quello europeo, tra i quali – insiste Monti – c’è una stretta relazione. Ed è proprio il caso italiano ad evidenziarlo.

«La convinzione con cui la nostra opinione pubblica potrà aderire alle misure che abbiamo varato e che proporremo a breve sarà tanto più forte se saranno visibili i frutti di quelle misure. E i frutti saranno visibili se i tassi di interesse scenderanno dall’attuale 7 per cento, un tasso ancora eccezionalmente elevato. Ma cosa deve accadere perché ciò avvenga?».

Monti continua nel suo ragionamento: «Fino a poco tempo fa si poteva sostenere che i tassi erano alti per il mancato consolidamento dei conti italiani. Adesso nessuno lo sostiene più. Tutti i report delle grandi istituzioni e dei centri studi spiegano che i tassi alti dipendono dal rischio della zona euro, soprattutto dopo l’esito del Consiglio europeo dell’8 dicembre che è stato giudicato non adeguato». Perciò le riforme della governance europea diventano oggi fondamentali: «Un miglioramento rapido della governance potrà fare abbassare i tassi rendendo più sostenibile e politicamente più praticabile anche il proseguimento dello sforzo interno di risanamento dei singoli Paesi».

Tocca all’Europa, quindi, non per allentare gli sforzi interni, ma per rafforzarli, per aiutare i singoli Paesi, a cominciare dall’Italia, a proseguire il proprio lavoro. Monti non lo dirà mai prima di sedersi al tavolo con Angela Merkel, ma è questo evidentemente il ragionamento che porterà avanti nei suoi colloqui, nella convinzione di poter superare così i timori tedeschi che l’iniziativa europea possa di fatto indurre i Paesi a rischio ad alleggerire i propri sforzi.

Ma quali sono le priorità dell’Europa? Cosa si aspetta l’Italia da Bruxelles per favorire l’auspicato abbassamento dei tassi e il superamento della fase più acuta della crisi dell’area euro? I capitoli sono sostanzialmente due: il rafforzamento dei meccanismi per evitare il diffondersi del contagio, i cosiddetti firewalls; e le misure europee per la crescita.

Sul primo fronte si guarda soprattutto al fondo Esm, il fondo di intervento salva-Stati, «che deve diventare operativo in tempi brevi e certi, e deve fondarsi su procedure snelle, in modo da poter essere effettivamente utilizzabile». Ma si guarda con molta attenzione anche al piano di disciplina dei conti approvato l’8 dicembre, che deve di fatto riaffermare «il buon lavoro fatto dal Consiglio e dal Parlamento europeo sul six-pack, senza fughe in avanti con ulteriori irrigidimenti di cui non si sente il bisogno e che non accetteremmo». Sulla disciplina di bilancio va attuato quanto già deciso, dunque, compresa la considerazione dei fattori «rilevanti», dalle pensioni all’avanzo primario, che possono dare respiro all’Italia, senza aggiungere ulteriori strette.

Anche perché c’è il secondo fronte che va portato avanti, quello della crescita, «che è essenziale per l’occupazione e per la stessa disciplina di bilancio».

Qui Monti individua due direzioni di marcia: il rafforzamento del mercato unico, accelerando l’attuazione del single market act, ma soprattutto «un piano per dotare l’Europa di infrastrutture adeguate, grandi reti di trasporto e di comunicazione, a cominciare dalla banda larga». Come finanziarlo? «Con i project bond», emissioni obbligazionarie continentali destinate proprio all’investimento in infrastrutture. E gli Eurobond come strumenti di gestione del debito? Il presidente del Consiglio è favorevole, ma sa anche che «su questo in Europa c’è una notevole difformità di opinioni», «perciò non è uno strumento su cui si può pensare di puntare a breve». Insomma, il tema non va archiviato per il futuro, ma per ora è inutile andare a sbattere ancora una volta sulle resistenze tedesche.

Ecco quello che l’Italia ragionevolmente si aspetta dall’Europa. Ma poi andranno portati avanti i compiti a casa. E ancora una volta è la crescita la parola chiave. Già domani il Governo comincerà la serie di incontri con le parti sociali. Sul tavolo il tema chiave del mercato del lavoro. Su questo il premier dà importanza fondamentale al dialogo. Ma lancia un messaggio chiaro e forte: «Bene gli aspetti giuridici, ma deve essere chiaro che ci troviamo di fronte a un problema di crescita carente e di malfunzionamento del sistema economico con una conseguente alta disoccupazione giovanile». Per Monti bisogna partire da qui: bisogna dare un’attenzione nuova alle conseguenze economiche di ciò che sarà fatto sul terreno del lavoro. «Vanno quindi certamente garantiti diritti e tutele, ma dando pari importanza agli effetti sull’attività. Troppe volte – è la convinzione di vecchia data del premier – si è guardato più all’etica dell’attenzione e meno all’etica della responsabilità e quindi alle conseguenze dirette sui soggetti interessati. Serve invece pragmatismo. Anche il capo dello Stato, del resto, ha sottolineato come la coesione sociale sia un valore anche economico, ma va conseguita con strumenti che non penalizzino la competitività».

Sarà una trattativa difficile. E Monti ne è ben consapevole. Forse anche per questo ieri ha tenuto a ribadire con forza, nel corso del suo intervento pubblico alle celebrazioni del Tricolore a Reggio Emilia, lo sforzo del Governo contro l’evasione fiscale. Non si possono chiedere sacrifici importanti ai lavoratori e a tutti se c’è chi continua a non pagare le tasse, è stato il centro del suo ragionamento. È necessario evitare tassazioni eccessive e gli accertamenti devono essere rispettosi, ma vanno fatti e va sostenuto chi li fa perché tutti paghino le tasse che competono loro.

Eppoi la riflessione, sempre a Reggio Emilia, sull’esigenza di non mettere le mani nelle tasche degli italiani. Monti ci torna sopra anche più tardi nelle conversazioni private: «Non mi ha mai convinto perché è almeno incompleta: non è solo lo Stato a mettere le mani nelle tasche dei cittadini, sono anche gli evasori a metterle in quelle di chi invece le tasse le paga e sono i titolari di posizioni di rendita, di monopolio, a metterle nelle tasche dei consumatori». Nel decreto «che abbiamo approvato ci sono perciò misure importanti di contrasto all’evasione e ora approveremo anche quelle in favore delle liberalizzazioni». Responsabilmente il Governo non ha indicato i proventi della lotta all’evasione a copertura della manovra. Perciò l’auspicio di Monti è ora «che quella stretta porti un gettito ulteriore da poter utilizzare, almeno in parte, per ridurre le imposte sulla produzione, sul lavoro e sulle famiglie».

Resta un certo scetticismo, invece, verso la possibilità di un’intesa, sulla scia di Germania e Regno Unito, con la Svizzera per recuperare gettito dai capitali espatriati che oggi sfuggono al fisco. «Ci sono pro e contro in quelle intese. Ci sono critiche forti a livello comunitario, anche perché è comunque una forma di condono. Anche per questo mi stupiscono gli attacchi che vengono da forze tradizionalmente dure sui condoni».

In tema di tasse Monti dà anche grande importanza al lavoro svolto da Vieri Ceriani sul fronte delle agevolazioni fiscali. «Non è un caso se l’ho nominato sottosegretario, la sua catalogazione è fondamentale per un riordino che ritengo necessario».

Sarà un altro passaggio non facile per il Governo. Ancora una volta sarà importante il rapporto con l’opinione pubblica, prima ancora del necessario sostegno dei partiti in Parlamento. E in questo senso Monti è consapevole che c’è un capitolo che non può più rinviare. Quello dei costi della politica. Non gli è piaciuto neppure un po’ che la precisazione che sugli stipendi dei parlamentari la competenza non è del Governo sia stata letta da qualcuno come un lavarsene le mani. L’auspicio è che il Parlamento faccia in fretta per quanto gli compete. «Di certo il Governo prenderà presto misure forti sui costi del sistema politico-burocratico». Monti non vuole anticipare nulla, ma il lavoro – assicura – «è a buon punto».

Sulla questione della legge elettorale, al contrario, il premier ribadisce la scelta di voler rispettare il dialogo e le decisioni che si stanno sviluppando tra i partiti. Non senza auspicare che un’intesa possa portare a un sistema politico meno conflittuale e più efficace dopo la parentesi del Governo dei tecnici.

E i conflitti di interessi che di tanto in tanto vengono sollevati a carico di membri del governo? «Entro i termini (tre mesi dalla nascita del Governo, ndr) faremo le previste dichiarazioni di trasparenza e sarà chiaro che non ci sono posizioni di conflitto. Andremo oltre ogni interpretazione anche estensiva delle normative».

ilsole24ore.com – 8 gennaio 2012

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