Per ora di certo c’è solo l’approvazione della legge di Stabilità, senza la quale si andrebbe all’esercizio provvisorio. Per il resto, il calendario parlamentare, che si è ridotto a poche settimane, per la chiusura anticipata della legislatura, sta di fatto prosciugando le ultime pagine dell’agenda Monti.
Non c’è speranza per i provvedimenti in bozza e quelli ancora non entrati in discussione, ma anche per alcuni di quelli a metà strada, come il decreto sulle Province.
La data delle elezioni è ancora da fissare ufficialmente e il terreno resta scivoloso. Il decreto della Crescita, ad esempio, che è alle sue ultime battute, visto che scade il 18 dicembre, avrebbe dovuto essere al sicuro. Nella prossima settimana è attesa la ratifica finale da parte della Camera. Eppure ieri, prima ancora che terminasse l’incontro tra Napolitano e Monti, nel Pdl circolava la tentazione di stopparlo proprio sul traguardo, una decisione che qualcuno collegava ai giudizi espressi dal ministro competente, Corrado Passera, sul ritorno in campo di Silvio Berlusconi.
Ragioni politiche s’intrecciano a motivazioni pratiche. Il decreto sull’Ilva, ad esempio, scadrà il 3 febbraio, ma una mancata conversione determinerebbe un’impasse dell’impianto di Taranto che in Parlamento nessuno si vuole intestare. Da approvare, perché il prossimo governo non si trovi subito in difficoltà con l’Europa sarebbe la legge che attua l’articolo della Costituzione sul pareggio di bilancio, che è in calendario martedì alla Camera ma cui manca ancora un passaggio in Senato.
Tornando alla legge di Stabilità, quella che una volta era la Finanziaria potrebbe diventare il contenitore nel quale potrebbero trovare rifugio alcuni provvedimenti: prima di tutti il decreto salva-infrazioni, appena approvato dal governo per evitare allo Stato italiano di pagare multe salate. Ma anche il «milleproroghe», il decreto nel quale si allunga la vita ai tanti provvedimenti in scadenza a fine anno. Sono già stati caricati sul carro della Finanziaria il trasferimento ai Comuni del gettito dell’Imu e la proroga dei contratti dei precari pubblici.
Ma l’approvazione della legge di Stabilità è affare complesso: lo dimostrano i 1.500 emendamenti presentati in commissione bilancio. Senza contare la discussione che impegna i partiti sulla Tobin tax, il prelievo sulle transazioni finanziarie. La versione dell’esecutivo uscita dalla Camera, cui il Pd con un blitz ha sovrapposto un ordine del giorno correttivo di Francesco Boccia, è ora all’esame del Senato. Qui il governo avrebbe strappato al Pdl una firma sotto un proprio emendamento che tassa i derivati in misura fissa e le transazioni azionarie in misura proporzionale. «Ci stiamo ancora lavorando» dice il senatore Mauro Agostini (Pd). Il partito di Bersani ne discuterà tra domani e martedì ma Francesco Boccia già esclude che la nuova versione possa passare, perché «ammazza la Borsa e tassa gli investitori stranieri e lascia campo libero agli speculatori. La nostra linea è far pagare un poco a tutti». Insomma è battaglia.
«È assolutamente importante che la legge di Stabilità venga approvata quanto prima, come da calendario» ha auspicato ieri il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli. E un appello — a questo punto tardivo — lo ha fatto anche il collega della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi per salvare il decreto sulle Province dalla pregiudiziale di costituzionalità, presentata ieri dal Pdl (in odore di accordo con la Lega), che di fatto ammazza il provvedimento. «Il Senato deve decidere se avere un Paese più moderno, capace di riformarsi e in grado di dare migliori servizi ai cittadini o stare dietro a tutte le istanze localistiche che vogliono mantenere piccoli o grandi privilegi e comunque lo status quo».
Tutte le leggi a rischio
Per molti provvedimenti, in cantiere per questo scorcio finale della legislatura, era già prevista una corsa contro il tempo. Ora, con l’accelerazione impressa alla crisi, quale potrà essere l’agenda parlamentare? Quale sarà il destino delle poche riforme ancora ipotizzate? Naturalmente la legge di stabilità avrà una corsia preferenziale. Anche nel comunicato del Quirinale si cita la necessità di evitare un esercizio provvisorio che potrebbe aggravare la crisi e affonderebbe l’Italia davanti ai mercati. Sulla vecchia finanziaria anche il Pdl ha dato garanzie: “Siamo prontissimi all’approvazione”, ha garantito Alfano. Stando al vecchio calendario, il disegno di legge dovrebe arrivare in Senato il 18 e passare alla Camera tra Natale e Capodanno per il via libera finale. Certo, restano alcuni nodi da sciogliere. Sono stati presentati 1500 emendamenti. E poi c’è l’intenzione di inserirci dentro anche il milleproroghe, che dovrebbe trovare una soluzione al problema dei precari della pubblica amministrazione.
Dovrebbe avere disco verde anche il decreto sull’Ilva, che prevede il dissequestro degli impianti consentendo la possibilità di proseguire l’attività produttiva.
Sembra destinato a morire, invece,
il decreto per l’accorpamento delle province. Vittima dell’ingorgo parlamentare ma anche – soprattutto – dell’opposizione del Pdl che già ieri ha sollevato l’eccezione di costituzionalità. La riforma, ferma in commissione al Senato, è d’altronde già ampiamente depotenziata.
Qualche rischio anche per il decreto Sviluppo, targato Passera. Ha già avuto il via libera al Senato, ma potrebbe incontrare qualche difficoltà aggiuntiva proprio per l’ostilità del fronte berlusconiano al ministro.
Praticamente morte le già esili speranze di modificare il Porcellum. La nuova legge elettorale, già nel mirino dei veti incrociati che arrivano dai partiti, in teoria sarebbe dovuta arrivare in aula a palazzo Madama martedì. Ma l’intesa tra i partiti non c’è, anche se ieri Berlusconi ha dichiarato che la modifica è ancora possibile. Resta da capire quale partito resterà con il cerino in mano, per la mancata riforma. E se qualcono, per evitare i guasti delle liste bloccate, vorrà ricorrere alle primarie per le liste dei candidati.
In vista, anche, degli importanti appuntamenti europei delle prossime settimana, il presidente Napolitano considera fondamentale anche il via libera definitivo all’inserimento del pareggio di bilancio nella Costituzione. Non a caso anche questo provvedimento è citato nella nota del Quirinale.
Repubblica.it e Il Sole 24 Ore – 9 dicembre 2012