Indiscutibilmente salutari e anti obesità, i prodotti della dieta mediterranea rischiano di essere classificati come dannosi e da non mettere nel carrello del supermercato. Torna a materializzarsi il pericolo delle etichette semaforo.
Bollini che identificherebbero con i colori i cibi a seconda del valore nutrizionale: rosso (alta intensità), giallo (media), verde (bassa).
Ma l’Italia fa sbarramento. In una riunione convocata dalla Farnesina «contro semafori e protezionismo», i ministeri coinvolti hanno rivendicato il valore del made in Italy. Col promotore Angelino Alfano (Esteri), i ministri Beatrice Lorenzin (Salute), Oscar Scalfarotto (sottosegretario allo Sviluppo economico) e al posto di Maurizio Martina (Agricoltura), il capo dipartimento Luca Bianchi.
Le etichette adottate da tempo in Inghilterra sono tornate d’attualità. Sei multinazionali, tra cui Coca-Cola, hanno riproposto il modello al tavolo tecnico di Bruxelles. La Francia sarebbe favorevole. Martina invece ha scritto perentorio a Federica Mogherini, alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri, a Vytenis Povilad Andriukaitis, commissario per salute e sicurezza alimentare e a Phil Hogan, agricoltura: «Ribadiamo con forza il nostro no e di tutta la filiera agroalimentare italiana a sistemi che non promuovono una dieta sana, classificando i cibi con parametri discutibili e approssimativi. La Commissione deve esprimere un parere chiaro e forte per impedire la diffusione sul mercato di un elemento così distorsivo che avrebbe come conseguenza danni economici e d’immagine e nessun beneficio per i consumatori». Secondo Coldiretti l’etichetta nutrizionale boccerebbe fino all’85% dei nostri prodotti dop.
Il consumatore viene informato con i bollini sul contenuto di grassi, sale e zuccheri per ogni 100 grammi. Lorenzin fa muro attorno alla dieta mediterranea: «Non si tocca. In un supermercato di Londra ho trovato bollini rossi su olio extravergine e parmigiano e verde su alimenti ad alto contenuto di grassi solo per la dicitura light».
La contestazione si basa anche sulla mancanza d’efficacia. Non ha avuto successo sul piano della riduzione di obesità, sovrappeso e malattie correlate. Per Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare «è una battaglia di principio, bisogna continuare senza tentennamenti nella procedura di infrazione nei riguardi della Gran Bretagna».
Margherita De Bac – Il Corriere della Sera – 22 aprle 2017