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Grattachecca: non puoi fare il medico se non la conosci

Nel test per l’università, a sorpresa un quiz (romano-centrico) sulla granita

La notizia che la «grattachecca» è diventata materia di test di ammissione universitaria fa un po’ ridere. Ma fa anche un po’ piangere. Non per colpa di quella deliziosa pozione di ghiaccio tritato imbevuto di sciroppi. Ma per il senso di oramai totale arbitrarietà, fatuità, gratuità dei criteri di selezione per l’accesso all’università. Fa anche un po’ piangere, certo. Per l’immagine degli esperti chini sui loro lavori che elaborano domande avendo smarrito ogni gerarchia di valore e di importanza delle cose.

Per l’ammicco facilista che la sindrome della grattachecca rivela nei geniali fabbricatori di test. Per la stessa mistica del test, che è diventata una parodia del quiz: un grande divertimento se messo nelle mani di Mike Bongiorno, una grande tristezza se concepita e attuata dai guardiani che dovrebbero essere messi a difesa del tempio del sapere. La grattachecca, ovviamente, è innocente. È buonissima: sia detto senza indugio da chi, come chi scrive, ha frequentato intere estati giovanili al chiosco della «Sora Maria» esplicitamente menzionata dal test, dove la specialità prelibata era un miscuglio ghiacciato di amarena, cocco, tamarindo (con scorza di limone). È una cosa molto romana. Altrove ci sono le granite (o le granatine), che non sono esattamente la stessa cosa. Ma il romano-centrismo, anche se praticato in una facoltà romana di studi sanitari, è pure discriminatorio nei confronti di chi, cresciuto lontano da Roma, della «Sora Maria», purtroppo per lui, nulla sa.

Il paradosso della grattachecca rivela la disperante disattenzione riservata agli studi universitari. Denuncia una nozione bizzarra e vagamente folle della «cultura generale» su cui dovrebbero cimentarsi gli studenti impegnati nei quiz. È la prova provata che il quiz non va bene, non può andare decentemente bene come criterio selettivo serio e affidabile. Ora è la grattachecca, ma fosse stata la polenta o la minestra di farro dieteticamente corretta sarebbe stata la stessa cosa. È il disastro in cui siamo precipitati, abbacinati dal glamour dei test e respinti dalla cultura che fa faticare per essere appresa. La grattachecca fa ridere. Ma quanto fa piangere.

Pierluigi Battista

Corriere.it – 10 settembre 2011

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