di Alberto Vitucci. Il nuovo Ospedale di Mestre costruito in project financing, cioè con il contributo finanziario dei privati, non è stato un buon affare per la collettività. A guadagnarci alla fine sono state soltanto le imprese, e in particolare la Veneto Sanitaria di Piergiorgio Baita. E’ quanto sostiene il Movimento Cinquestelle, che ha raccolto un corposo dossier sull’argomento e inviato una segnalazione alla Corte dei Conti.
«Abbiamo scritto anche al presidente della Regione Luca Zaia», spiega il consigliere comunale veneziano Pierluigi Placella, «per segnalare che da quel buco nero si potrebbero ricavare risorse per la sanità». Placella è un ex primario ortopedico, di sanità se ne intende. Il gruppo di lavoro, costituito da un medico, un ex direttore sanitario e un esperto in bilanci, ha messo nero su bianco i conti del nuovo Ospedale, avviato nell’anno Duemila dalla giunta Galan. Lavori affidati all’Ati (associazione temporanea di imprese) costituita dalla Mantovani, Astaldi, Cofathec, gruppo Gemmo. Gestione affidata alla Veneta Sanitaria Finanza di progetto. «Il project in sanità è uno strumento letale», titola il dossier. Secondo i grillini, per costruire il nuovo Ospedale i privati hanno messo 140 milioni di euro, di cui 120 chiesti alle banche. In cambio hanno ottenuto la gestione dei servizi alberghieri, ma anche degli esami di laboratorio, per i prossimi 24 anni. «Ma il costo a carico della Regione», si legge nell’esposto, «ammonta a 399 milioni di euro, di cui 124 milioni di euro di Iva». Il business totale per i privati, continua il dossier «è di 1,3 miliardi in 24 anni. E tutto questo per aver avuto 20 milioni. Il mutuo poteva farlo la Regione, e ci avrebbe guadagnato». La segnalazione, racconta il consigliere Placella, era stata inviata anche al direttore dell’Asl 12 Antonio Padoan nel 2011. «Avevamo chiesto un incontro, per illustrare la possibilità di risparmiare soldi della collettività andando a rivedere la convenzione», dice, «ma non ci ha mai ricevuto. Secondo l’Asl i soldi sui sarebbero spesi lo stesso per pagare i servizi. In realtà per gli anni futuri pagheremo ad esempio il 21 per cento di iva invece del 10» Conti da rivedere, dunque. E un sistema di finanza privata che adesso in tanti vogliono rivedere.
La Nuova Venezia – 21 marzo 2013