Nutrie: la campagna di abbattimento avviata formalmente a dicembre è un enigma. Secondo chi la coordina, la polizia provinciale, essa è in corso con risultati tangibili, anche se non risolutivi. Secondo chi dovrebbe sostenerla non c’è nessuna prova in merito all’uccisione degli animali. E intanto i tecnici cominciano a pensare che occorre ricorrere a misure alternative di contenimento del proliferare dei roditori.
Le nutrie, mammiferi origi nari del Sud America che si nutrono principalmente di radici, tuberi e rizomi e che hanno femmine molto prolifiche (possono partorire anche 2-3 volte all’anno) costituiscono da tempo un caso. Secondo chi gestisce i corsi d’acqua, e gli agricoltori, questi animali, che sono noti anche con il nome di castorini e che da noi sono stati introdotti negli anni Venti dello scorso secolo allo scopo di sfruttarne la pelliccia, sono un vero e proprio flagello.
Minerebbero la sicurezza degli argini di fiumi e canali, scavandovi dentro le proprie tane, e creerebbero danni alle colture, di cui si cibano. Negli anni scorsi si è quindi ricorsi a misure estreme, sostenendo i cacciatori nell’ attività volta ad ucciderli. Poi queste iniziative sono diventate illegali, in seguito al mutare della normativa conseguente anche all’intervento di associazioni animaliste, e infine, nell’estate scorsa, la Regione ha adottato una legge che tornava a cambiare le carte in tavola. Così si è arrivati nel dicembre scorso a dare il via a una nuova campagna di abbattimento. Un’operazione che avrebbe dovuto essere portata avanti da schiere di cacciatori, con l’aiuto economico dei Comuni, ai quali rimaneva in capo l’eliminazione degli animali presenti nei centri urbani, e dei Consorzi di Bonifica, che, oltre a promettere un sostegno economico alle doppiette, garantivano la sistemazione degli argini teatro delle battute di caccia ed il recupero e lo smaltimento delle carcasse. Secondo quanto comunica la polizia provinciale, che da sola ha effettuato una serie di uscite, attualmente i cacciatori autorizzati a svolgere gli abbattimenti sono 219: sette hanno ottenuto il permesso lo scorso anno, e 212 dall’inizio del 2017. Secondo i dati parziali in possesso dei coordinatori della campagna, sinora nel 2017 sono state effettuate quasi 1500 uscite. Grazie ad esse risultano eliminati sinora (i numeri sono aggiornati in parte alla fine di febbraio ed il parte al 20 marzo), nei tre dei sei ambiti di caccia in cui più forte è la presenza delle nutrie (quelli della pianura, comprendenti Est, Bassa ed Ovest del Veronese), quasi 3.300 capi. Una cifra consistente in termini assoluti, anche se secondo alcune stime i castorini presenti sul territorio provinciale sarebbero fra i duecentomila e i trecentomila.
«A me sembra che ci sia qualcosa che non quadra, visto che ad oggi nessuno ci ha comunicato preventivamente le uscite nel nostro territorio, cosa che era prevista allo scopo di pulire gli argini, e noi non abbiamo trovato nei corsi d’acqua che gestiamo nessun animale morto, ad eccezione di tre che abbiamo raccolto a Bovolone dal Menago», afferma Antonio Tomezzoli, il presidente del Consorzio di bonifica Veronese, che opera in tutta l’area della provincia posta a desta dell’Adige.
«Siccome le nutrie vivono lungo i fiumi, è evidente che se ci fossero stati abbattimenti ce ne saremmo accorti, per cui non vorrei che le uscite siano solo sulla carta», aggiunge. «Noi i contributi ai cacciatori li erogheremo sulla base di una precisa rendicontazione dell’attività», continua Tomezzoli, «mi auguro che facciano lo stesso anche i Comuni». «Che le nutrie costituiscano un problema è vero», afferma intanto il responsabile del servizio veterinario dell’Ulss 9 Scaligera Fabrizio Cestaro, secondo il quale «la mancanza di antagonisti efficaci e dell’attuazione negli ultimi anni di misure di contenimento ha fatto si che ora sia necessario pensare anche ad altre forme di intervento». Ad esempio la gassificazione, «soffiando anidride carbonica nelle tane».
L’Arena – 9 aprile 2017