All’Economia il carico maggiore di norme da approvare, poi la presidenza del Consiglio e le Infrastrutture. Neanche il tempo di chiudere i battenti in parlamento – ieri l’approvazione dell’Aula della Camera con 319 voti a favore, 110 contrari e due astenuti – che il decreto del Fare apre subito il cantiere dell’attuazione presso i ministeri.
Un cantiere “appesantito” dalle Camere che nell’iter di conversione del decreto legge hanno infatti arricchito il corollario di provvedimenti attuativi (decreti, regolamenti, direttive ecc.) richiesti per il completamento degli interventi previsti. Rispetto al testo originario del decreto legge 69/2013, che contemplava 53 norme attuative, il parlamento ha portato il conteggio finale a quota 87.
A prendersi la fetta più cospicua degli oneri è il ministero dell’Economia con un carico di 17 decreti, seguito dalla presidenza del Consiglio che ne dovrà diramare 12, dal ministero delle Infrastrutture (11 decreti) e dai ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico (entrambi a quota 6). Complessivamente sono 17 le norme per le quali è stata prevista una scadenza. E la prima è tra 15 giorni (o meglio, entro 15 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione che scatta il giorno successivo alla pubblicazione del testo sulla Gazzetta Ufficiale), termine entro il quale il ministero dell’Istruzione dovrà bandire le borse di mobilità a favore degli studenti meritevoli, che avendo conseguito risultati eccellenti intendono iscriversi a università in regioni diverse da quelle di residenza.
Per altri quattro appuntamenti ravvicinati il tempo a disposizione è di 30 giorni. In particolare si tratta dell’apertura del tavolo tecnico presso il ministero della Coesione territoriale per accelerare le procedure di certificazione delle spese europee relative ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali per il periodo 2007-2013. Altri due appuntamenti da onorare entro 30 giorni spettano alle Infrastrutture. Il primo è il decreto che dovrà individuare gli interventi da finanziare (e la relativa assegnazione delle risorse) con il fondo da 2 miliardi; interventi che dovranno riguardare il completamento di infrastrutture di rilevanza strategica. Il secondo è l’approvazione della convenzione tra le Infrastrutture e l’Anci che dovrà stabilire i criteri per l’accesso al programma «6000 Campanili» per interventi su edifici pubblici.
Il quarto provvedimento da approvare entro un mese è il decreto dell’Economia che definirà modalità di attuazione e monitoraggio degli effetti derivanti dall’applicazione del meccanismo di rateazione per il pagamento dei credito tributari, nei casi in cui sia accertata l’impossibilità per il contribuente di eseguire il pagamento.
Quanto al passaggio parlamentare delle misure per il rilancio dell’economia, negli ultimi giorni si è assistito a molte sedute notturne prima nelle commissioni e poi nelle assemblee di Palazzo Madama e di Montecitorio per approvare il testo (che andava convertito in legge entro il 20 agosto). Il governo non ha fatto ricorso al voto di fiducia come pure in qualche momento era sembrato. A dimostrare l’asprezza del dibattito la bocciatura del governo su alcuni ordini del giorno. Uno degli ultimi dei quali è quello sulla responsabilità solidale negli appalti presentato da Enrico Zanetti di Scelta Civica.
Significativo l’iter al Senato, che ha chiuso il testo mercoledì scorso. Innanzitutto sono state reintrodotte le semplificazioni in edilizia: basta la Scia (non serve il permesso per costruire) nel caso in cui le ristrutturazioni modifichino la sagoma (e non il volume) degli edifici. Con misure di tutela per gli interventi edilizi nei centri storici. A Palazzo Madama sono state poi cancellate le norme che introducevano il Durt, il Documento unico di regolarità tributaria, negli appalti, e quella, introdotta dalla Camera, che esonerava dal tetto dei 302mila euro gli stipendi dei manager pubblici delle società che svolgono servizi di interesse generale.
Il Sole 24 Ore – 10 agosto 2013