Un milione di firme contro il trattato di libero scambio fra Europa, Usa e Canada (il Ttip, Transatlantic Trade and Investment Partnership) sono state raccolte in due mesi. Di che cosa hanno paura i firmatari, tanto da presentare un ricorso alla Corte di giustizia europea? Le accuse al trattato spaziano dai timori che il mercato europeo venga invaso da carni trattate con ormoni e antibiotici, polli sterilizzati con la varechina, latte arricchito e produzioni con organismi geneticamente modificati, fino alle preoccupazioni sui livelli di sicurezza dei farmaci, sulla tracciabilità degli alimenti e la trasparenza nelle etichettature. Sindacati alimentaristi e associazioni di categoria sono in allarme. Cia, Cgil e Flai, hanno chiesto un tavolo permamente per monitorare i negoziati fra Usa e Ue. «Siamo preoccupati per il peso che possono giocare lobby finanziarie e multinazionali nella partita degli ogm».
«Prendiamo atto delle rassicurazioni più volte espresse dal Governo – hanno detto le organizzazioni – sull’esclusione di che normative che consentano l’accesso al mercato europeo di prodotti, che tuttavia rischiano di essere annullate dall’obiettivo di armonizzare le rispettive normative o stabilire comunque un’equivalenza». Sul settore agricolo, avvertono le associazioni, avrebbe «conseguenze nefaste, creando gravi pericoli per i consumatori e immettendo sul mercato europeo prodotti insalubri».
Europa e Stati Uniti stanno negoziando da diversi mesi. Le pressioni per chiudere sono fortissimo. Il premier Matteo Renzi considera «vitale» per l’economia europea la firma del patto, grazie al quale dovrebbe nascere la più grande area di libero scambio del mondo: niente più dazi, niente più confini commerciali tra Europa e Usa. E questo, secondo i calcoli del governo italiano, porterebbe a una crescita del Pii nazionale tra lo 0,5% e addirittura il 4%.
IL TIMORE è che, oltre alle barriere doganali, saltino anche le regole per la protezione dei consumatori, spesso diverse tra Europa e Nord America, soprattutto nell’agroalimentare e nel farmaceutico. Il segretario di stato americano John Kerry ha cercato di tranquillizzare: «II trattato è vittima di un malinteso: questo è un accordo che punta ad elevare gli standard al massimo livello, non ad abbassarli al minimo». E anche il neo commissario all’agricoltura Uè, Phil Hogan, si è affrettato a garantire che «non sacrificheremo la qualità soltanto per amore di trading».
Ma soprattutto in Italia e in Francia i produttori non si fidano delle rassicurazioni. Coldiretti protesta: «Nella produzione agricola americana sono utilizzati prodotti come l’acido lattico nelle fabbriche di imballaggi, o i polli trattati con bagni a base di varechina, vietati in Europa dal 1997». Per non parlare degli ogm: «Gli Stati Uniti – dice Coldiretti – sono molto più permissivi rispetto a noi su organismi geneticamente modificati, ormoni e antibiotici». D’altra parte l’accordo potrebbe far riconoscere oltre Oceano i nostri marchi di origine, come il Parmigiano-Reggiano o del prosciutto di Parma.
Per Paolo De Castro, europarlamentare nella Commissione agricoltura e relatore nei negoziati, «con la nuova etichetta, l’Europa compie un importante passo verso il suo obiettivo di tutela dei consumatori e di garanzia delle produzioni agroalimentari»
Qn – 13 dicembre 2014