Paolo Baroni. Chiama «Fornero» il senatore del Pd Fornaro durante un’audizione in Commissione finanze. Poi ovviamente il ministro si corregge: «Chiedo scusa. Capite bene ora dove ho la testa». Per il responsabile dell’Economia il caso che si è aperto con la sentenza della Consulta che ha bocciato il congelamento delle pensioni disposto nel 2011 dalla legge Fornero è davvero un bel rompicapo.
Padoan però ci tiene subito a mettere in chiaro alcuni punti: primo, «la sentenza della Consulta verrà rispettata»; secondo, «non c’è una manovra all’orizzonte» per sanare il buco che si apre; terzo, rivolto soprattutto a Bruxelles che attende chiarimenti a breve, «rispetteremo le regole». Ovvero, qualunque sia la soluzione che verrà adottata non ci porterà a infrangere gli obiettivi di deficit che ci siamo dati.
«Lavoriamo per avere una soluzione rispettosa dei giudici e che al tempo stesso minimizzi i costi per la finanza pubblica che innegabilmente ci sono, e che intervengono in un momento in cui la finanza pubblica sta migliorando e ci auguriamo che continui a farlo», ha spiegato ieri il ministro dell’Economia. Una soluzione pronta, ovviamente, ancora non c’è. La sentenza della Consulta è infatti arrivata solo pochi giorni fa e, in concreto, il lavoro dei tecnici del Tesoro per valutarne l’impatto effettivo è iniziato solo lunedì scorso. Da mettere a fuoco ci sono questioni tecniche, di tipo economico innanzitutto; questioni giuridiche, soprattutto legate al modo con cui dare applicazione alla sentenza; e infine questioni politiche. Perché è chiaro che la scelta finale, per l’impatto comunque considerevole che ha sui conti pubblici ed i molti equilibri che vanno ricercati, andrà presa «col consenso di tutti» come spiegano al Tesoro, e quindi a livello di governo. Per questo si immagina che «la soluzione richiederà qualche settimana di lavoro».
Per ora tutte le ipotesi restano in campo. Ma se la linea è quella rispettare la sentenza della Consulta e al tempo stesso non infrangere le regole di bilancio, l’unica via da percorrere appare quella della rateizzazione dell’arretrato, probabilmente in 3 o 5 anni, a partire dagli assegni più bassi a cui andrebbe un rimborso pieno e quindi di rimodularlo per le pensioni più alte sino ad azzerarlo. La manovra potrebbe essere attuata in due tempi, con un decreto da adottare entro giugno, in maniera tale da bloccare sul nascere la possibilità di presentare esposti contro l’Inps, e quindi in autunno con la legge di stabilità.
La Stampa – 6 maggio 2015