di Sabrina Tomè. La premessa è che mancano voci d’entrata decisive, come i finanziamenti della Regione (non ancora definiti), destinate a incidere in modo significativo sul risultato d’esercizio. Ma la cifra è, comunque, ad effetto: 105 milioni di euro. A tanto ammonta la perdita stimata dell’Azienda Ospedaliera per l’anno in corso, nel bilancio di previsione appena approvato.
E cosi, dopo il passivo di 43 milioni indicato qualche giorno fa dall’Usl 16, la sanità padovana ne registra un altro, pesantissimo, per di più a carico di quello che è il suo centro di eccellenza. Ma, al di là della cifra a due zeri (quasi il doppio rispetto al deficit di 59 milioni ipotizzato per il 2015), a pesare è la previsione fatta dall’ex dg Claudio Dario che ha firmato la relazione di accompagnamento al bilancio: quella di un rosso strutturale dovuto a inadeguati finanziamenti all’hub e che i tagli alla spesa non potranno appianare. Di qui la richiesta alla Regione di rivedere il sistema di copertura dei costi sanitari.
«Per il 2016», scrive il manager, «si conferma ex ante l’esistenza di un deficit strutturale aziendale previsto in 105 milioni 895 mila euro pur avendo applicato il piano di rientro 2014-2016 come richiesto dalla Regione. Del resto il risultato d’esercizio non può essere significativamente diverso, stante che lo squilibrio è dovuto al generale sotto-finanziamento delle tariffe, non integrato da finanziamenti a funzioni finalizzati a riconoscere la peculiarità delle aziende ospedaliere». Le parole sono misurate, ma la critica è durissima: la sanità d’eccellenza, come appunto è l’Azienda di Padova, non riceve abbastanza fondi. E questo anche a causa di tariffe basse, che coprono appena il 63% degli elevati costi legati a interventi di altissima specialità. In altre parole: la Regione rimborsa solo una parte delle prestazioni, complesse, garantite da via Giustiniani. Già in passato Dario aveva segnalato la necessità di rivedere finanziamenti e parametri di calcolo, ma stavolta ne sottolinea l’urgenza: quest’anno, spiega infatti il dg, c’è il rischio di un calo dell’attività dovuto alle nuove disposizioni in materia di orario di lavoro del personale sanitario. La stretta sugli orari, insomma, si tradurrà in una riduzione degli interventi fatti in via Giustiniani e quindi in una diminuzione dei ricavi.
«Diventa fondamentale», rileva Dario a questo punto, «il riconoscimento da parte della Regione, anche dal punto di vista finanziario, del posizionamento dell’offerta sanitaria dell’Azienda quale riferimento all’interno del sistema sanitario regionale, superando l’attuale sistema di finanziamento che non permette all’Azienda di autofinanziarsi».
«Il problema esiste», conferma l’assessore regionale alla Sanità Luca Coletto, «va trovato un sistema di finanziamento per cui a contribuire non sia soltanto la Regione, ma anche il governo. All’interno dell’Azienda c’è l’Università: ebbene, Roma dovrebbe intervenire a sostenere ricerca e didattica, mentre noi possiamo migliorare l’assistenza».
E l’assessore chiama in causa il governo anche per la revisione delle tariffe: «Noi possiamo intervenire sul nostro nomenclatore, ma è quello nazionale con cui si paga la mobilità (le prestazioni a pazienti di fuori territorio, ndr). Ed è sulla mobilità che va trovato un punto di equilibrio». La Regione, dunque, rilancia la palla a Roma. E contesta al governo le nuove disposizioni secondo cui, se il passivo di un’Azienda supera i 10 milioni di euro, scatta il commissariamento. «Questo è un attacco al cuore della buona sanità, è un tentativo di livellare verso il basso la sanità véneta», afferma Coletto. «L’equilibrio di bilancio va considerato per la sanità regionale nel suo insieme e non per le singole aziende: con questo criterio, infatti, le eccellenze non possono più essere mantenute».
Il Mattino di Padova – 7 gennaio 2016