Il 10% dei pazienti che hanno prenotato una prestazione nel pubblico o nel convenzionato o la diserta senza disdirla almeno 48 ore prima oppure non ritira i referti entro 30 giorni dall’esame affrontato, come prevede la normativa di riferimento, creando due grossi problemi all’azienda sanitaria di riferimento. E cioè ingolfa le liste d’attesa e causa un buco nel bilancio per crediti non riscossi.
Disagi accusati dall’Azienda ospedaliera che, forte della legge sul pagamento obbligato dell’intera prestazione imposto ad entrambe le fattispecie descritte e anche agli esenti, dal prossimo primo luglio farà valere il «Regolamento per il recupero crediti» appena varato con delibera firmata dal direttore generale Claudio Dario. Che scrive: «Esistono importanti partite creditorie non riscosse risalenti fino al 2004 e quindi in pericolo di prescrizione (che scatta dopo dieci anni, ndr). L’amministrazione non può esimersi dal mettere in atto tutte le operazioni possibili per recuperare i crediti non riscossi. Risulta evidente, considerata la situazione di sofferenza rilevata, che le procedure attualmente utilizzate non garantiscono efficacia ed efficienza. Si propone dunque l’adozione del nuovo regolamento». In attesa dell’esatto calcolo dell’importo da riscuotere, valgono le stime del ministero della Salute, che per una Usl di medie dimensioni, per esempio quella di Asolo, calcola una perdita annua di circa 7/10 mila euro.
Il nuovo regolamento dell’ospedale prevede che il debitore sarà messo in mora e avvertito con raccomandata della cifra da versare entro 30 giorni. Se si tratta di minore l’invito di pagamento sarà notificato ai genitori, se invece l’utente inadempiente è morto, il sollecito verrà inoltrato a uno degli eredi, individuato tramite l’anagrafe del Comune di residenza del debitore. I crediti più ricorrenti sono: il ticket per prestazioni ambulatoriali o di Pronto soccorso; il ticket per mancata disdetta di esami o visite non onorate; il ticket per referti non ritirati o per indagini preliminari effettuate in vista di un ricovero programmato poi rifiutato dal malato; il pagamento di prestazioni ottenute in regime di libera professione intra moenia o da cittadini non appartenenti alla Ue; il costo per il rilascio di certificati, cartelle cliniche, atti e documentazione sanitaria. E poi ci sono contratti di fornitura beni o servizi, contratti di locazione e compravendita non saldati. Per onorare questi ultimi, è concessa la dilazione fino a 12 rate, purché di almeno 100 euro l’una.
Se alla diffida, scaduti 30 giorni, non abbia fatto seguito il pagamento, si procederà alla riscossione coattiva, attraverso un agente di riscossione. Se nemmeno quest’azione dovesse avere successo, la pratica sarà inoltrata all’ufficio Affari generali e legali, che a sua volta trasmetterà trimestralmente ad Equitalia l’elenco dei debitori inadempienti, indicando per ognuno i dati e l’importo non pagato, maggiorato dalle spese postali della diffida. Insomma, magari per un ticket di 36,24 euro non versato si rischia di dover sborsare dieci volte di più.
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 9 giugno 2014