Fermi tutti, entro la madre di tutte le leggi: da questa settimana il Parlamento va a tutta Finanziaria. Con l’irrompere al Senato della legge di stabilità 2014 – alias Finanziaria, appunto – scatta inevitabilmente lo stop dei lavori per quasi tutti i provvedimenti in cantiere. Un fermo che non riguarda i quattro decreti legge in vigore e, almeno a palazzo Madama, un pugno di provvedimenti – ma davvero pochi, pochissimi – che otterranno almeno una mini deroga.
Alla Camera invece, fino a che verso metà novembre il Senato rilascerà la legge di stabilità, i lavori proseguiranno secondo consuetudine. Anche se in una situazione politica in perenne fibrillazione c’è poco da aspettarsi. Il consueto rischio di una paralisi dei lavori parlamentari è più che concreto. Con il risultato di un ingorgo di leggi a fine anno.
L’apertura della sessione di bilancio al Senato per l’esame della legge di stabilità non lascerà spazio all’iter di numerosi provvedimenti in agenda. Domani l’Aula licenzierà sul filo della scadenza il decreto Pa (precari, e non solo), poi erediterà dalla Camera il decreto istruzione e la manovra correttiva dei conti pubblici per quest’anno. Decreti legge, appunto. Tutto il resto è destinato a fare melina nelle commissioni, in attesa che il disegno di legge di stabilità passi a Montecitorio. Anche perché se solo dopo la prima settimana di novembre la commissione Bilancio voterà gli emendamenti alla manovra per passare poi il testo all’Aula, già in questi giorni la stessa commissione sarà alle prese con una serie di audizioni anche politicamente decisive: Banca d’Italia, Corte dei conti, naturalmente il ministro dell’Economia, Saccomanni, poi enti locali e regioni, sindacati e Abi.
E il resto dei provvedimenti “ordinari” in lista d’attesa? Faranno coda, naturalmente. Con alcune “vittime eccellenti” in primo piano. Il finanziamento pubblico ai partiti, per dire, una delle promesse-scommesse su cui tanto punta il premier Enrico Letta. Le semplificazioni, che già erano scomparse da tempo dall’orizzonte parlamentare, e sulle quali adesso è stata fissata per il 18 novembre la data ultima per la presentazione degli emendamenti. Stessa sorte, ovvero il rinvio, riguarda la delega fiscale: in questo caso gli emendamenti dovranno arrivare in commissione Finanze per venerdì 8 novembre, chissà se in tempo utile per affiancarsi proprio alla legge di stabilità. E anche la Comunitaria può attendere. In linea teorica in settimana in commissione potrebbe trovare spazio la riforma elettorale: ma è materia scottante per i partiti e l’indigesto (a parole) Porcellum non sembra destinato a morire presto. Per la spaccatura nel Pdl-Fi, ma anche in attesa del nuovo segretario Pd ai primi di dicembre.
Se il Senato rallenta in omaggio alla manovra, non è che la Camera andrà necessariamente di corsa. Del resto a Montecitorio le riforme più attese, non sono tante. Praticamente solo due. La legge costituzionale per la formazione del comitato parlamentare per le riforme costituzionali, ormai al passaggio finale. Poi l’abolizione delle province: altra storica promessa ferma in commissione.
Con un bottino di leggi da record storico (in negativo) – 24 in tutto, 3 al mese da inizio legislatura, ben 13 di conversione di decreti – il Parlamento non sembra insomma destinato a fare esattamente una messe di nuove riforme. Con le commissioni che producono poco, vuoi perché lavorano a singhiozzo salvo abbondare in indagini e audizioni, vuoi perché dai ministeri arrivano di continuo degli stop quando c’è da finanziare qualcosa. Peccato che anche tante leggi a “costo zero” non vadano avanti. Che ci sia o meno la sessione di bilancio.
Il Sole 24 Ore – 28 ottobre 2013