Rischi ulteriori. Sui costi per i farmaci potrebbe pesare anche l’inserimento di nuovi e onerosi prodotti innovativi come la cura per l’epatite C
Roberto Turno. Mentre Governo e regioni sono ai ferri corti sui conti di asl e ospedali da mettere al guinzaglio con la spending review, per la spesa sanitaria si apre una nuova e inattesa voragine che non potrà non avere effetti sulle prossime decisioni del premier Matteo Renzi e sul confronto con i governatori. Le preoccupazioni sui conti della sanità questa volta arrivano dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, e riguardano la spesa farmaceutica ospedaliera. Che quest’anno è destinata a esplodere quanto mai nel passato fino a poter sfiorare a fine anno un rosso di quasi 1,5 miliardi. Un disavanzo del tutto inatteso, almeno in queste proporzioni, che sarà pari a poco meno del doppio rispetto a un anno fa, quando già toccò la rispettabile cifra di circa 800 milioni. Un disavanzo, va ricordato, che per metà sarà a carico delle regioni, per l’altra metà invece verrà interamente pagata dalle aziende farmaceutiche coinvolte.
Le stime sono di fonte Aifa e sono l’effetto della proiezione su tutto l’anno dei dati di spesa gennaio-giugno, riportati nella serata di ieri dall’Agenzia sul proprio sito. Dati che evidenziano un rosso per la farmaceutica ospedaliera di 747,7 milioni in sei mesi, che proiettati su tutto l’anno portano appunto al mega disavanzo di 1,5 miliardi, potenzialmente riducibile ma solo di qualche decina di milioni con affinamenti dei conteggi, ma non di più. Anzi, a rendere ancora più a rischio la tenuta dei conti per l’acquisto di farmaci per gli ospedali, sarà l’ingresso di nuovi farmaci innovativi, a partire da quello per l’epatite C sul quale sono in corso le trattative per la negoziazione del prezzo. Potenzialmente, se (se) questo farmaco dovesse entrare in prontuario già da ottobre, potrebbe comportare maggiori costi anche fino a 100-200 milioni, per salire a 600-800 milioni l’anno per sei anni a partire dal 2015.
Fatto sta che l’asticella del tetto di spesa (3,5% di tutto il Fondo sanitario) a giugno è stato ampiamente superato: è al 4,77%. Con tutte le regioni (eccetto Valle d’Aosta e provincia di Trento) in rosso, dai 99 milioni della Puglia ai quasi 2 milioni del Molise. Segno, in ogni caso, di un tetto di spesa largamente insufficiente, a partire dall’ingresso dei nuovi farmaci e dall’irrompere dei biotecnologici che ormai hanno un impatto pari a quello delle molecole, laddove qualche anno fa valevano il 20% del mercato.
Ad attenuare, ma per un altro verso, l’andamento della spesa farmaceutica pubblica totale è stato il mercato di quella convenzionata in farmacia, sebbene anche in questo caso in maniera differenziata tra le regioni. Nei primi sei mesi dell’anno la spesa farmaceutica convenzionata netta ha fatto segnare un calo del 3,4% rispetto al primo semestre del 2013 attestandosi all’11,02% rispetto a un tetto dell’11,35%: 183,7 milioni in meno, pari a circa 360 milioni nella proiezione su 12 mesi, con un calo massimo del 10,4% in Sicilia e un picco dell’1,6% a Bolzano. Nello stesso tempo però le ricette sono cresciute ancora dello 0,3% (1,6 milioni in più in ragione d’anno) e la compartecipazione degli italiani (ticket e prezzo di riferimento) ha fatto incassare alle regioni 760 milioni (oltre 1,5 miliardi nell’anno), con un aumento complessivo del 3,6%. Per la spesa in farmacia sono state sette le regioni che hanno speso finora più del budget e sono non a caso tutte da Roma in giù, quattro commissariate. Nell’ordine si tratta di: Sardegna (tetto al 14%), Calabria, Campania, Puglia, Lazio, Abruzzo e Sicilia.
Il Sole 24 Ore – 13 settembre 2014