Pensionamenti col contagocce alla Camera. Allo studio l’ipotesi del contingentamento per sbarrare la strada a chi vuole lasciare
Sarebbero circa 200 i dipendenti della Camera in possesso dei requisiti per andare in pensione e pronti a fuggire pur di scampare ai tagli allo stipendio. Ma per arginare questa fuga in massa, sull’onda delle voci dell’arrivo di tetti alle retribuzioni con inevitabili ripercussioni sui trattamenti previdenziali, potrebbe arrivare il contingentamento.
Questa ipotesi sta circolando con sempre maggiore insistenza tra i corridoi di Montecitorio in vista della riunione dell’ufficio di presidenza, prevista tra lunedì e martedì della prossima settimana, per esaminare le linee guida del piano di ridimensionamento degli stipendi dei dipendenti.
Il contingentamento è già in vigore al Senato. Di cosa si tratta? Questo meccanismo cambia il diritto di andare in pensione nel diritto a chiedere la pensione. Significa che chi ha maturato i requisiti per lasciare la propria posizione lavorativa fa domanda per lasciare ma non è detto che possa effettivamente uscire. L’interessato entra in una sorta di graduatoria formata da coloro che hanno la stessa categoria professionale. Una lista creata in base ai requisiti di anzianità. Esce solo il 3% di ogni categoria.
Ebbene questa regola potrebbe essere applicata anche alla Camera proprio per evitare pensionamenti di massa e non appesantire la voce previdenza del bilancio di Montecitorio.
Per evitare questa tagliola tra i dipendenti si è scatenata la corsa a farsi fare i conti. Un via vai, mai visto, all’ufficio del personale, per avere chiarimenti e informazioni sul possibile impatto di queste modifiche. Sono numerosi coloro che stanno pensando a un pensionamento anche a costo di affrontare le penalizzazioni disposte per legge per chi esce prima di aver maturato il massimo dei requisiti.
Ma l’incertezza sta diffondendo il timore di vedere rimessa in discussione la propria posizione. La questione della previdenza è strettamente connessa a quella del ridimensionamento degli stipendi. Per le retribuzioni l’ipotesi allo studio sarebbe di fissare una serie di tetti per ciascun livello di inquadramento. Così si va dai 240 mila euro per il 5 livello a scendere, in una serie di sotto tetti con valori decrescenti. Le perdite sarebbero consistenti per le posizioni retributive apicali e non tranquillizza il fatto che i tagli potrebbero essere diluiti nel tempo, spalmati nell’arco di un triennio o più. I sindacati sono in fibrillazione. Alcuni hanno già scritto al presidente Boldrini e minacciano la mobilitazione. Sta di fatto che si prospetta una valanga di ricorsi contro quello che già viene considerata un’operazione illegittima.
Laura Della Pasqua – Il Tempo – 19 luglio 2014