Il Sole 24 Ore. Un pressing sempre più intenso. Che segna ufficialmente il fischio d’inizio della partita sulle pensioni. È quello che, con l’avvicinarsi del “pensionamento” definitivo di Quota 100, stanno esercitando i sindacati, i partiti della maggioranza e, in qualche modo, anche l’Inps per aprire un varco, a partire dal 2022, alle uscite dal lavoro con 62 anni. Ma con un’ondata di richieste e ipotesi d’intervento di fatto in ordine sparso e non senza veti incrociati.
Il no dei sindacati a Tridico
È un vero stop quello arrivato da Cgil, Cisl e Uil proprio alla proposta del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, di ipotizzare, all’interno di un percorso flessibile, una pensione in due tranche per chi è in possesso di almeno 20 anni di versamenti: la prima puramente “contributiva” al compimento del sessantaduesimo-sessantatreesimo anno d’età, seguita dalla parte retributiva (per chi l’avesse maturata) al raggiungimento della soglia dei 67 anni d’età. Una proposta definita dai sindacati «estemporanea e fuori da ogni realtà» perché troppo penalizzante per i lavoratori visto che rimane ancorata al calcolo con il metodo contributivo dell’assegno. Ma secondo Tridico proprio quella del “contributivo” è la via maestra da percorrere.
Anche per Cgil, Cisl e Uil dal prossimo anno la soglia minima di uscita deve restare a 62 anni, ma senza troppi vincoli e penalizzazioni, comprese quelle collegate all’adozione in versione integrale del “contributivo”. Secondo il leader della Cgil, Maurizio Landini, al raggiungimento di questa età anagrafica un lavoratore dovrebbe avere la possibilità di andare in pensione a prescindere dai contributi. Sostanzialmente il meccanismo diventerebbe ancora più favorevole di quello su cui è stata costruita Quota 100. Che consente uscite anticipate con almeno 62 anni d’età e 38 di contribuzione. I sindacati, comunque, sottolineano che il requisito minimo per la pensione dovrebbe essere collocato all’interno di un sistema flessibile di uscite. E al ricorso alla flessibilità, accompagnato da un rafforzamento degli strumenti esistenti per agevolare alcune categorie di lavoratori, come ad esempio l’Ape sociale o Opzione donna, guarda anche il Pd. Analogo il convincimento del Movimento cinque stelle che sarebbe favorevole a uscite anticipate al sessantaduesimo anno d’età ma in combinazione con un significativo numero di anni di contribuzione maturati.
Convergenza Lega-sindacati sul canale dei 41 anni di contributi
Anche la Lega è convinta che il limite minimo dei 62 anni non debba essere significativamente alzato e, comunque, resta contraria a un ritorno a 360 gradi dal 2022 alla legge Fornero, così come lo sono i sindacati. Le ricette di Cgil, Cisl e Uil e del Carroccio, che continuerebbe a preferire le Quote, non sono certo identiche. Ma convergono in toto sul cosiddetto secondo canale di uscita: quello che garantirebbe la pensione al raggiungimento dei 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica, con una riduzione di un anno e 10 mesi rispetto al limite attualmente fissato fino al 2026 (che scende a 41 anni e 10 mesi per le lavoratrici).
Il costo della spesa pensionistica
Una vasta gamma di opzioni che, seppure con impatti diversi, rischia di infrangersi, almeno in parte, sullo scoglio dei costi. Nel Def recentemente presentato dal governo Draghi si sottolinea come la spesa previdenziale, anche per le ricadute di Quota 100, rimanga elevata. Non solo: anche senza nuove deroghe o correzioni alla legge Fornero, le uscite previdenziali ricomincerebbero a correre significativamente già dal 2026 andando a raggiungere nel 2036 un picco di spesa del 17,4% del Pil. Un andamento in contrasto con le raccomandazioni di Bruxelles, che continua a sollecitare la sostenibilità nel medio periodo del nostro sistema previdenziale. Di qui la cautela del ministero dell’Economia. Non a caso nelle bozze del Pnrr si ipotizzava per il dopo Quota 100 un ritorno alla legge Fornero con eccezioni per i lavoratori impegnati in attività gravose e usuranti. E proprio su queste mansioni si è da poco riunita la Commissione tecnica incaricata dal ministro del Lavoro di stilare entro fine anno una relazione sulla gravosità delle occupazioni, anche in relazione all’età anagrafica e alle condizioni soggettive dei lavoratori e delle lavoratrici, anche derivanti dall’esposizione ambientale o diretta ad agenti patogeni.
L’attesa per il tavolo governo-parti sociali
Le prime indicazioni di questa Commissione, insieme a quelle dell’altra commissione di esperti incaricata di studiare la separazione delle voci assistenziali da quelle previdenziali, dovrebbero rappresentare il punto di partenza del confronto sulla previdenza tra governo e parti sociali, più volte invocato dai sindacati. Il ministro Orlando sembra orientato a convocare il tavolo entro la fine di maggio 2021. Ma con tutta probabilità la partita sulle pensioni si sbloccherà soltanto in autunno in prossimità del varo della prossima legge di bilancio.