Pensioni, entro fine anno i nuovi requisiti. Tetto agli assegni con il sistema misto. Niente penalità per gli under 62
Tetto agli assegni liquidati con il sistema misto retributivo contributivo post 2011 e annullamento della penalizzazione per chi va in pensione prima dei 62 anni se non percepisce più di 3.500 euro mensili lordi. Sono alcune delle novità previdenziali che potrebbero entrare in vigore l’anno prossimo quale effetto della legge di stabilità 2015. Per contenere la spesa degli assegni più elevati e al contempo contribuire all’equilibrio dei conti in favore dei redditi più bassi, nel disegno di legge di stabilità che sarà licenziato entro fine anno sono state previste alcune correzioni alla riforma Monti-Fornero del 2011. Quale effetto dell’applicazione del sistema contributivo ai versamenti effettuati dal 2012, può accadere che i lavoratori soggetti al sistema retributivo (chi aveva almeno 18 anni di contributi al 1995) maturino un assegno di importo superiore a quello determinato dal già generoso sistema retributivo.
La legge di stabilità prevede quindi che le anzianità contributive successive a dicembre 2011 non possano determinare un importo superiore della pensione a quello determinato con l’applicazione del sistema retributivo integrale.
Un’altra modifica alla MontiFornero inserita nella bozza della legge di stabilità comporta invece l’eliminazione della penalizzazione per chi va in pensione, entro il 2017, con i requisiti contributivi (almeno 42 o 41 anni e sei mesi) ma con meno di 62 anni di età. La norma attualmente prevede un taglio della prestazione dell’1% per ognuno dei primi due anni di anticipo e del 2% per ognuno degli ulteriori anni. Però un emendamento presentato da alcuni senatori del Pd chiede che l’abbuono valga solo per gli assegni di importo inferiore a sette volte il minimo (3.506,16 euro).
Sempre sul fronte delle penalizzazione per gli importi più elevati si attende la sentenza della Corte costituzionale sul contributo di solidarietà che taglia le pensioni di importo superiore ad almeno 14 volte il minimo. Un provvedimento analogo è già stato bocciato dai giudici.
Infine entro fine mese, infine, dovrebbe essere pubblicato il decreto ministeriale che adegua all’aspettativa di vita i requisiti minimi per accedere alla pensione che si applicheranno nel triennio 2016-2018. Inutile farsi illusioni: per legge l’aggiornamento non può essere negativo, ben che vada i requisiti non saranno incrementati.
Rivalutazione con taglio. Solo 6,50 euro per chi ha la «minima». Diminuiscono gli assegni oltre 3.000 euro
Nel 2015 le pensioni saranno rivalutate dello 0,3 per cento. Però una persona che oggi ha un assegno di 1.000 euro lordi, l’anno prossimo non incasserà 1.003 ma 1.002,01 euro, come se l’aumento fosse dello 0,2 per cento. Così il già basso tasso di rivalutazione fissato dall’Economia all’atto pratico sembrerà ancora più contenuto, ma le sorprese non sono finite qui.
Il doppio tasso
La spiegazione di quello che a prima vista può apparire un errore va cercata nel complesso meccanismo che regola l’adeguamento delle pensioni all’inflazione. Verso fine novembre di ogni anno il ministero dell’Economia pubblica un decreto con il valore provvisorio per la rivalutazione degli assegni nell’anno successivo e quello definitivo per l’anno in corso. A fine 2013, quindi, è stata data indicazione di rivalutare le pensioni dell’1,2% dal 2014 (tasso provvisorio). Lo scorso 20 novembre, invece, è stato comunicato il tasso definitivo, che è pari all’1,1% e contestualmente è stato indicato quello provvisorio per il 2015 (lo 0,3%).
Ebbene, il tasso dello 0,3% per l’anno prossimo non va applicato all’importo pagato finora sulla base dell’adeguamento provvisorio, ma sul valore definitivo, che è più basso, perché il tasso da utilizzare è dell’1,1 invece dell’1,2 per cento. Così chi oggi incassa 1.000 euro lordi ogni mese, non deve applicare lo 0,3% a tale importo, ma ritornare indietro di un anno e calcolare quanto avrebbe dovuto prendere. Poiché nel 2013 incassava 988,14 euro, applicando il tasso dell’1,1% quest’anno avrebbe dovuto prendere 999,01 euro. L’aumento dello 0,3% si riferisce a quest’ultimo valore e quindi l’anno prossimo il suo assegno sarà di 1.002,01 euro.
Conguaglio negativo
L’aggiustamento retroattivo degli importi stavolta comporta anche un altro effetto spiacevole per i pensionati. Poiché nel 2014 il valore provvisorio dell’assegno è stato più generoso di quello definitivo, a inizio 2015 l’Inps provvederà a recuperare la differenza, pari allo 0,1 per cento. In altre parole, l’ipotetico assegno di 1.000 euro lordi pagato finora sarebbe dovuto essere di 999,01 euro. Quindi a gennaio si dovranno restituire 12,87 euro (perché si conta anche la tredicesima). Di conseguenza il nostro ipotetico pensionato l’anno prossimo percepirà 26,13 euro in più rispetto a oggi (da 1.000 a 1.002,01 euro), ma subirà un conguaglio negativo riferito al 2014 di 12,87 euro e quindi l’incremento annuale “netto” (cioè i soldi in più che effettivamente metterà in tasca) sarà di soli 13,26 euro. Le modalità di recupero e gli importi esatti saranno comunicati dall’Inps nelle prossime settimane con una circolare.
Doppio aggiustamento
Ma quest’anno c’è anche un’altra particolarità da considerare, che riguarda chi incassa una pensione di importo compreso fra tre e quattro volte il minimo o superiore a sei volte il minimo. La legge di stabilità dell’anno scorso (la 147/13) ha introdotto un nuovo meccanismo di rivalutazione, in base al quale il tasso di riferimento si applica in misura proporzionalmente inferiore con l’aumentare degli importi pensionistici. Queste modalità, già presenti nelle versioni non definitive del disegno di legge di stabilità, sono state modificate in occasione dell’approvazione definitiva della norma. In particolare l’indicizzazione per le pensioni fra tre e quattro volte il minimo è passata dal 90 al 95%, mentre per quelle sopra sei volte è scesa dal 50 al 40 per cento. L’Inps, però, per tutto l’anno ha fatto riferimento alla versione provvisoria della legge di stabilità e quindi ha pagato importi che ora devono essere rettificati sia nel tasso di rivalutazione (dall’1,2 all’1,1%), sia nell’aliquota di indicizzazione (per esempio non si applica il 90% dell’1,2% ma il 95% dell’1,1 per cento).
In portafoglio
Il risultato di questi assestamenti è che l’aumento annuale delle pensioni, al netto del conguaglio, sarà risicato e per gli assegni più ricchi addirittura in negativo, come esemplificato nella tabella. Chi percepisce solo la pensione minima dovrà accontentarsi di 6,5 euro in più, e stiamo parlando sempre di importi lordi. Chi riceve tre volte il minimo (importo a cui si ha la massima rivalutazione) avrà 19,89 euro. Va un po’ meglio a chi si colloca nella fascia tra 3 e 4 volte il minimo (per esempio 1.600 euro), perché gli sarà riconosciuta l’indicizzazione al 95% invece del 90% applicata temporaneamente finora. Brutte notizie, infine, per chi percepisce oltre 3mila euro perché avrà un saldo finale negativo
Il Sole 24 Ore – 14 dicembre 2014