Pensioni, licenziamenti facili e liberalizzazioni. Su questi tre fronti nelle prossime settimane si giocherà la partita politica per tentare di dare più spinta al piano anti-crisi andando anche oltre la lettera d’intenti inviata a Bruxelles.
Gli attuali schieramenti restano infatti divisi, tra loro e anche al loro interno.
Tutti sostanzialmente d’accordo invece, seppure con qualche tentennamento o distinguo, sulla necessità di avviare rapidamente un piano di dismissioni degli immobili pubblici e soprattutto di far ripartire subito le opere pubbliche cantierabili. Anche se sulle cosiddette opere-emblema, come il ponte sullo Stretto, la distanza tra l’attuale maggioranza e l’opposizione resta immutata.
Una distanza che in gran parte si colma sull’eventualità di ricorrere a una patrimoniale. L’unico a rimanere veramente contrario sembra essere Silvio Berlusconi, visto che anche il suo partito ha ormai metabolizzato l’idea di ricorrere a un prelievo sui grandi patrimoni, seppure in versione soft.
I terreni più accidentati restano quelli del lavoro e del welfare. Un no trasversale attraversa gli schieramenti per opporsi a un rapido innalzamento dell’età pensionabile e soprattutto a una stretta sulle pensioni di anzianità: Lega, Sel e Idv confermano senza tentennamenti la loro contrarietà. Il Pdl e tutto il Terzo polo, come ribadisce Gianpiero D’Alia (Udc), spingono per interventi immediati anche sul versante dei trattamenti anticipati. Il Pd, in cui regnano posizioni tra loro distanti tra l’area più moderata e cattolica favorevole a interventi più strutturali e quella più vicina alla sinistra orientata a misure soft, si colloca in una sorta di terra di mezzo: Pier Luigi Bersani punta a una riforma per stabilizzare il welfare soprattutto in funzione delle esigenze dei giovani che prevede uscite flessibili dal lavoro (pensionamenti) con una forbice compresa tra i 62 e i 70 anni ancorata a un meccanismo di incentivi-disincentivi.
Si presenta più o meno la stessa situazione per i cosiddetti licenziamenti facili, con la Lega, solo più possibilista rispetto alle pensioni, insieme a Idv e Sel, ai quali si aggiunge il Pd. Anche se l’area moderata dei democratici, non pregiudizialmente contraria alla flessibilità in uscita dal lavoro, non demorde. Non a caso Bersani non dice no alla flessibilità in uscita ma indica come strada da percorrere quella tracciata con l’accordo tra le parti sociali del giugno scorso e torna alla carica per una vera riforma degli ammortizzatori.
Non proprio in discesa anche la strada per le liberalizzazioni, chieste, oltre che dal Pdl (ma non in modo compatto sulle professioni), da Terzo Polo e Pd, che però pone qualche vincolo. Lega e Sel, non chiudono del tutto ma restano tutt’altro che affascinate da questo strumento mentre l’Idv, come lascia intendere Massimo Donadi, non si mostra contraria seppure ad alcune condizioni.
Ilsole24ore.com – 8 novembre 2011