Il Sole 24 Ore. Il tavolo governo-sindacati sulla mini-riforma delle pensioni è congelato da oltre tre mesi. E ne mancano altrettanti, o poco più, al momento in cui dovrà cominciare ad essere definita la prossima manovra autunnale, che avrà anche il compito di decidere l’assetto previdenziale per il 2023. Quota 102, introdotta dal governo Draghi con l’ultima legge di bilancio ma bocciata, così come Quota 100, dalla Commissione europea nei giorni scorsi, scadrà il 31 dicembre. E, in mancanza di nuove misure o di una proroga, dal 1° gennaio del prossimo anno diventerà automatico il ritorno in versione integrale alla legge Fornero. La maggioranza lo sa bene. E dopo qualche settimana di tregua per affrontare dossier più urgenti, come quelli sul conflitto russo-ucraino e sulla crisi energetica, il fuoco che covava sotto la cenere sembra riprendere forza. Con la Lega e i sindacati che riaprono ufficialmente la partita su Quota 41, ovvero sulla possibilità di uscita al raggiungimento del quarantunesimo anno di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica.
Matteo Salvini ha detto chiaramente che l’obiettivo del Carroccio è evitare il totale ritorno alla «Fornero». E anche il responsabile Lavoro della Lega, Claudio Durigon, e il sottosegretario al Lavoro, Tiziana Nisini, insistono sulla necessità di aprire immediatamente la strada a Quota 41. Anche il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, ha fatto sapere al governo che i sindacati non accetteranno lo scalone di 5 anni che si produrrà all’inizio del 2023 quando, con lo stop a Quota 102, la soglia di pensionamento tornerà a 67 anni. Cgil, Cisl, e Uil continuano a invocare la riapertura del tavolo e ribadiscono la loro proposta: uscita attorno ai 62 anni o, in alternativa, con 41 anni di contributi. Per i sindacati, in ogni caso, la priorità resta quella di introdurre nuove forme di flessibilità in uscita. E questa è la stessa sollecitazione che era contenuta nel parere della commissione Lavoro della Camera sull’ultimo Def. Anche M5S, Pd e Leu sono favorevoli alla flessibilità in uscita, seppure con ricette in parte diverse, ma al momento sulla previdenza mantengono una posizione prudente. Come il governo che nei mesi scorsi si era dichiarato favorevole ad apportare qualche ritocco ma restando nel solco del metodo di calcolo contributivo e senza un aggravio di costi.
Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha ripetuto che il confronto sulle pensioni andrà avanti. Ma il tavolo dovrà fare i conti con la crescita della spesa che nel 2023, anche per la corsa dell’inflazione, lieviterà del 7,3 per cento. E che fa registrare un nuovo allarme sul versante dei dipendenti pubblici dove tra il 2021 e il 2022, anche per l’effetto Quota 100, le uscite sono salite di oltre il 3 per cento.