Ugo Magri. Alle vacanze del Parlamento manca un mese o poco più. Da qualche anno, infatti, Montecitorio e Palazzo Madama chiudono i battenti nella seconda settimana di agosto, per far vedere che in quelle stanze si lavora e si produce quando molti detrattori sono già al mare. Ma stavolta, a mettere gli onorevoli sotto pressione, sarà soprattutto Renzi. Scottato dalle Regionali, il premier ha urgenza di portare a casa qualche bella riforma, in modo da mostrarsi di nuovo nel pieno controllo delle operazioni. Alla Camera, vista la maggioranza di cui dispone, farà poca fatica.
Il 7 luglio prima riforma
Quel giorno è atteso il sì definitivo della Camera sulla scuola. Mancherà solo la controfirma di Mattarella. Nel frattempo l’aula avrà già licenziato il decreto da tanti atteso: quello che adegua (molto parzialmente) le pensioni alla sentenza della Consulta. Le votazioni sull’argomento inizieranno domani, prima del prossimo weekend saranno terminate e subito dopo la palla passerà al Senato che dovrà fare parecchio in fretta, poiché il 20 luglio questo decreto scadrà e in quel caso si porrebbe un bel problema. Dunque, ricapitolando: alla Camera subito in votazione gli arretrati delle pensioni, poi la scuola. Dopodiché sarà il turno della Pubblica amministrazione, la cosiddetta riforma Madia (dal nome della ministra) che prova a mettere ordine nella giungla dirigenziale, a velocizzare i concorsi, a introdurre la «staffetta generazionale». In ossequio al calendario della Camera, se ne discuterà in aula dal 13 luglio. Ma poiché è scontato che ci saranno delle modifiche, la riforma tornerà al Senato che già ne aveva discusso e dunque ne riparlerà in autunno. Che altro faranno, i nostri deputati, prima delle ferie? Grandi trattative per rinnovare le presidenze delle Commissioni, perché questa è la prassi di metà legislatura. Il centrodestra oggi ha 4 caselle, ma per effetto del rimescolamento le perderà tutte e 4 o, al massimo, Renzi gliene lascerà una per bontà. Gli ultimi giorni di luglio saranno dedicati, così si augura il capogruppo Pd Rosato, alla riforma della giustizia penale, intercettazioni comprese. Quasi negli stessi giorni Palazzo Madama allungherà per legge i tempi delle prescrizioni (ma l’ex Cavaliere ne usufruirà lo stesso per sfuggire al processo sulla presunta corruzione dei senatori al tempo di Prodi).
Il paradosso del Senato
Sarà un caso, ma tutte le questioni più importanti verranno affrontate proprio nel ramo del Parlamento destinato all’estinzione. Compresa la riforma costituzionale che lo condanna: Renzi esige a tutti i costi che venga votata entro luglio sulla base di un suo calendario, che mira a tenere il referendum confermativo sulla riforma insieme con le Comunali del 2016. Per superare gli ostruzionismi, concederà qualche piccola modifica alla sinistra Pd. Così a settembre la riforma del Senato passerà alla Camera, tornerà tre mesi dopo in Senato e infine (la cosiddetta «seconda conforme»), sarà rivotata dalla Camera. Finalmente, a quel punto, la parola passerà al popolo sovrano… Ai fini del risultato, si sa, molto pesa l’orientamento dei mezzi d’informazione. E guarda caso, nei prossimi giorni si annuncia al Senato grande battaglia sulla governance Rai. Il forzista Gasparri ha già presentato in commissione 200 emendamenti alla proposta renziana che vorrebbe dare pieni poteri di nomina dei direttori al futuro amministratore delegato di Viale Mazzini. La mediazione è difficile. Idem, se non peggio, sulle unioni civili: c’è una trattativa in Commissione tra Pd da una parte, centristi dall’altra. Ma sulle adozioni gay le posizioni restano distanti, per avvicinarle ci vorranno settimane e mesi. Arrivederci a settembre.
La Stampa – 29 giugno 2015