C’è stato un balzo delle pensioni di anzianità nel 2015 (219.539 il numero per anno di decorrenza contro le 127.011 del 2014: +72,8%) che potrebbe essere in buona parte legato ai ritiri degli esodati salvaguardati oltrechè alla stretta sull’accesso alla pensione anticipata. E c’è stato un calo delle pensioni di vecchiaia (90.849 contro le 92.429: -1,7%) effetto invece dei nuovi requisiti introdotti dalla riforma del 2011.
Se si guarda all’insieme delle pensioni liquidate l’anno scorso (cioè entrate in pagamento anche se la decorrenza poteva essere precedente) si apprende invece che le pensioni previdenziali nel loro insieme (vecchiaia e anzianità e anticipi) sono state 285.941 (+41% rispetto al 2014) e che l’età media della loro decorrenza è scesa da 63,4 anni a 62,7.
Sono queste le cifre da cui dovrebbe partire la lettura delle “Statistiche in breve” sulle pensioni 2015 diffuse ieri dall’Inps. Nell’anno in cui il Governo ha acceso la luce verde alla settima salvaguardia con ricalcolo delle platee degli esodati, l’Istituto guidato da Tito Boeri ha liquidato 1.120.638 pensioni delle quali oltre la metà (51%) erano di tipo assistenziale. Un numero così elevato di assegni assistenziali sulla consistenza delle pensioni in pagamento – spiegano i tecnici del Coordinamento statistico attuariale Inps – «è compensato da un ricambio molto più veloce rispetto alle prestazioni di tipo previdenziale». Le nuove pensioni hanno comportato un aumento della spesa per 10,4 miliardi, +5,3% dell’importo complessivo annuo in pagamento, che è stato pari a 196,8 miliardi.
I nuovi dati Inps, che non comprendono il pubblico impiego e l’ex gestione Enpals, portano a 18,136 milioni le pensioni vigenti, in larga parte di tipo previdenziale (14,299 milioni) mentre 3,837 milioni rientrano nel mondo dell’assistenza. L’età media dei pensionati è cresciuta a 73,6 anni l’anno scorso, con una differenza di 4,5 anni tra uomini e donne. E in aumento è anche l’età media alla decorrenza del pensionamento, che passa per la pensione di vecchiaia dai 62,9 del 2010 ai 65,4 anni dei primi due mesi del 2016 e, per le pensioni di anzianità, da 59,1 anni a 60,6 nello stesso periodo.
Guardando alla distribuzione dei redditi da pensione si incontra la consueta maggioranza (64% nel 2015) di importi inferiori ai 750 euro. Questa percentuale, che per le donne arriva al 78,2%, non va letta come univoca misura della “povertà” dei pensionati poiché, vale ricordarlo, sono molti i soggetti titolari di più prestazioni pensionistiche o comunque di altri redditi. Infine la geografia delle pensioni 2015. L’Italia settentrionale totalizza il maggior numero di prestazioni pensionistiche complessive in pagamento all’inizio dell’anno: il 48,1% delle pensioni totali viene percepito da soggetti residenti al Nord, il 19,2% viene erogato al Centro, mentre il 30,5% in Italia meridionale e isole; il restante 2,3% (416.369 pensioni) viene erogato a soggetti residenti all’estero. Le percentuali si invertono se si guarda invece alle prestazioni assistenziali: le pensioni e gli assegni sociali sono percepiti per il 54,9% al Sud (22,6 persone ogni 1.000 residenti ne hanno una), per il 25,3% al Nord (7,8 ogni 1.000 residenti) e il 19,8% al Centro (14,1 ogni 1.000 residenti). Per gli invalidi civili il numero di prestazioni ogni 1.000 residenti è quasi doppio al Sud rispetto al Nord (64,1 contro 37,2 ogni 1.000 residenti). Ma al Sud è più alta anche la percentuale delle prestazioni di invalidità previdenziale con il 47% del totale degli assegni contro il 31,2% al Nord e il 20,4% al Centro. In pratica al Sud ci sono 23,9 residenti su 1.000 con una prestazione di invalidità previdenziale contro gli 11,9 su 1.000 residenti al Nord .
Davide Colombo – Il Sole 24 Ore – 31 marzo 2016