“Per il disastro Ilva 53 a processo”. Taranto, anche il nome di Vendola nella richiesta di rinvio a giudizio: concussione
Carmine Festa. Non è ancora iniziato ma in città c’è chi – i Verdi ad esempio – già lo chiama “Il processo nel nome del popolo inquinato e ingannato dalla politica e dalle istituzioni”. E’ stata accolta così la notizia che la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio di 53 tra persone e società per la storia dell’inquinamento dell’Ilva, il gigante siderurgico che abbraccia la città dei due mari a partire dal quartiere Tamburi.
La richiesta di processo riguarda tra gli altri la famiglia Riva (Emilio, Fabio e Nicola) e il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, accusato di concussione: avrebbe fatto pressioni sul direttore dell’Arpa Giorgio Assennato. Vendola, rimproverandogli di essere troppo rigido verso l’Ilva, sino a ipotizzargli la sua conferma alla guida dell’agenzia regionale. Nella lista delle persone per le quali il procuratore Sebastio, l’aggiunto Argentino e i sostituti Buccoliero, Cannarile, Epifani e Graziano chiedono il processo ci sono anche l’assessore regionale all’Ambiente, Lorenzo Nicastro che fino all’incarico nella giunta Vendola è stato magistrato in servizio presso la Procura di Bari e il parlamentare ed assessore regionale Nicola Fratoianni, toscano e considerato in Puglia il braccio destro di Vendola, l’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido e il sindaco tarantino Ippazio Stefàno. L’accusa per molti di loro è di reati contro la pubblica amministrazione. Nella lista anche un poliziotto, un carabiniere, un prete, dirigenti e funzionari della Regione Puglia, ai quali si aggiungono dirigenti ed ex dirigenti dell’acciaieria tarantina. Questi ultimi, secondo quanto emerso qualche mese fa dalle indagini della Procura avrebbero costituito un “governo ombra”, controllando i reparti e ciò che accadeva durante in turni di lavoro. Una sorta di commissione segreta costituita da fiduciari che la famiglia Riva avrebbe pagato per poter controllare direttamente quasi ogni aspetto della vita in fabbrica. E sempre i Riva – secondo la Procura – avrebbero trovato poi il modo di retribuire i componenti di questo “governo ombra” con consulenze e prestazioni d’opera occasionali. Una scoperta che fece infuriare i sindacati e gli stessi lavoratori che appresero così di essere stati controllati a loro insaputa. Un meccanismo di verifica che non avrebbe risparmiato neppure i dirigenti.
Alcuni degli indagati dovranno rispondere anche di omicidio colposo per la morte di due operai avvenuta in fabbrica.
Il presidente Nichi Vendola commenta: «Per decenni a Taranto nessuno ha visto niente e troppi hanno taciuto. Io no. Per decenni gli inquinatori hanno comprato il silenzio e il consenso politico sociale e dei media, con regali, finanziamenti, forniture e favori. Io no». E poi aggiunge: «Contemporaneamente abbiamo difeso la fabbrica e i lavoratori. Se questo è un reato, sono colpevole. Abbiamo agito nel rispetto dei valori costituzionali che ci prescrivono di contemperare salute e lavoro».
C’è però un caso politico che coinvolge direttamente il governatore pugliese. Pochi mesi fa in occasione di un’inchiesta sulla Sanità che lo coinvolse, Vendola disse che se rinviato a giudizio si sarebbe dimesso. Non andò così, Vendola fu prosciolto. E ora? Il tema si ripropone.
La Stampa – 7 marzo 2014