Un “fondino” nel Fondo sanitario, per premiare le “Regioni virtuose”. Non quelle del Sud, ovviamente. E’ la strada dei simil costi standard che Governo e governatori stanno valutando se e come imboccare con la legge di Stabilità 2016. Dopo l’incontro di ieri, ci sarà un rendez vous finale (o quasi) martedì prossimo. E intanto i governatori ne parleranno giovedì tra di loro. Sul tavolo anche la questione tagli, di cui sempre ieri s’è discusso a palazzo Chigi. Il vertice. Da una parte Matteo Renzi, Beatrice Lorenzin e Claudio De Vincenti. Dall’altra Sergio Chiamparino, Roberto Maroni, Stefano Bonaccini ed Enrico Rossi. Incontro ai massimi livelli, anche se mancava chi tiene i cordoni della borsa, Carlo Padoan. Loro i partecipanti all’incontro di ieri nel tardo pomeriggio a palazzo Chigi. Sul tavolo la pratica sanità, ma non solo.
La questione dei tagli, con Renzi che giura di non voler spennare (ma è un miliardo in più, come dice lui, o sono 2 in meno? Se la matematica non è un’opinione…). Ma anche un aspetto che piace tanto alle Regioni del Nord, non solo a quelle a trazione leghista, ormai: i costi standard.
Preliminari. L’aspetto è stato discusso, ma ancora non c’è alcuna decisione. Siamo ai preliminari, insomma. Ora si passerà ai dettagli tecnici, che poi tanto dettagli non sono: martedì prossimo, a ridosso della presentazione della manovra 2016 in Consiglio dei ministri, si deciderà in un nuovo vertice. Ma qualcosa bolle nel pentolone della manovra. Si discute di un “fondino”, all’interno del Fondo sanitario, per premiare le “Regioni virtuose”. Come dire: premiare chi presenta insieme aspetti positivi di bilancio, inclusi i pagamenti ai fornitori, e di qualità delle prestazioni. Dove si attaccherebbe l’asino, è abbastanza chiaro. Perché al Nord, almeno fino appena sopra il Lazio, non ci sta più nessuno. Un Fondo così com’è ora, che di standard ha poco o punto e che lega il riparto assai più alla popolazione, non basta più al Nord. In qualche modo: oggi il Nord che va meglio nei conti e nelle cure, ha meno del Sud che va male. Ed ecco così la voglia di rilanciare i costi standard, legando il tutto anche ad efficacia ed efficienza della spesa e delle cure. Rilanciando in qualche modo la spending. Ma siamo agli esordi, appunto. Ma neanche troppo, visto che la manovra 2016 è lì che morde.
Rebus tagli. Costi standard, ma anche un’altra domanda clou è stata al centro dell’incontro di ieri: tagli o no? E quanto tagliare? Sul punto, Renzi ha tenuto il punto. Per lui non ci sono tagli, ma un aumento sul 2015. Cosa che i governatori vedono in altro modo. E in fondo adesso anche Lorenzin. Che non a caso ha fatto presente che i nuovi Lea costeranno 900 mln in più, che sono in arrivo i contratti e tanto altro ancora. Anche la questione precari: nella sanità, anche la ministra, dopo i sindacati, tutti chiedono che il Ssn non deve essere il fratello minore dell’istruzione. Perché medici e infermieri e tutta la popolazione della sanità pubblica precaria, non valgono meno degli insegnanti precari. Insomma: 111 mld sono pochi.
I commenti. «Un fatto epocale». «Una battaglia che facciamo volentieri». Il governatore lombardo Roberto Maroni non usa mezzi termini di fronte alle aperture del governo sui costi standard, cavallo di battaglia suo così come della Regione Veneto. E’ «una battaglia che facciamo molto volentieri perché vuol dire ridurre la spesa pubblica e spendere meglio. Se son rose fioriranno. Ci rivedremo settimana prossima, l’impegno che mi ha dato personalmente il presidente Renzi è di mettere il principio dei costi standard nella legge di stabilità. Questo sarebbe davvero un fatto epocale e quindi sono molto interessato a capire se riusciremo finalmente a convincere il governo a fare una cosa giusta».
Esprime soddisfazione anche il presidente della commissione Lavoro del Senato (Ap), Maurizio Sacconi. «Finalmente – spiega – sembrano trovare concreta attenzione i parametri oggettivi per sottoporre al vincolo della responsabilità la finanza regionale e locale. Costi standard per le tre grandi aree della sanità (prevenzione, territorio, spedalità) in ciascuna Asl, esiti ovvero risultati delle cure, standard minimi per le specialità ospedaliere, fabbisogni standard per le dieci funzioni fondamentali di ciascun Comune e relativa capacità fiscale teorica sono dati già disponibili. Essi – prosegue il senatore – consentono di stabilire il punto di rottura dell’equilibrio di bilancio di ogni ente e il conseguente commissariamento. Stiamo peraltro affermando con la riforma costituzionale il primato dell’interesse nazionale e quindi un federalismo a geometria variabile nel quale solo la virtù giustifica l’autonomia. La nuova legge di stabilità può e deve anticiparlo».
Il Sole 24 Ore sanità – 6 ottobre 2015