Prelievi di sangue a «numero chiuso» alla casa di cura Pederzoli. Il provvedimento, in vigore dal 15 aprile e solo per i residenti del Veneto, è stato adottato dalla direzione a seguito della riduzione del budget a disposizione del servizio di analisi.
All’esterno delle stanze che ospitano il laboratorio cartelli avvisano i cittadini che «con il drg del 18.12.2010 la Regione Veneto ha ridotto drasticamente per i propri cittadini il budget assegnato al nostro laboratorio, imponendo di fatto un tetto alle prestazioni a carico del sistema sanitario regionale. In relazione a quanto disposto questa amministrazione, pur avendo erogato in passato migliaia di prestazioni mai remunerate, è oggi costretta, suo malgrado, a limitare gli accessi a cento al giorno, pur cercando di garantire, per quanto possibile, le urgenze e le priorità stabilite dai medici di base». Così da un paio di settimane ci sono persone che arrivano la mattina molto presto – anche prima delle sei, orario in cui entra in servizio il personale delle pulizie – per ritirare dall’apposita macchinetta il numero e rientrare così nei fatidici 100 prelievi per i quali vale l’impegnativa. Oltre quel numero, se si risiede nel Veneto, l’esame può essere fatto solo a pagamento. Una situazione che crea problemi anche dal punto di vista organizzativo perché quando il laboratorio inizia la sua attività i pazienti sono già tutti lì e finiscono inevitabilmente col dover attendere a lungo prima di poter effettuare l’esame. «Pensavo che come una volta bastasse venire qui una mezz’ora prima dell’apertura per fare il prelievo in tempi accettabili», dice Vittorino Tiziani di Bardolino, «e invece alle 6.59, come è stampato sul mio numero, ero già il numero 44. Tanto che alle 8.30 sono ancora qui ad aspettare. Mai vista una confusione del genere». Sul problema organizzativo si sofferma anche Alberto Pachera: «I tempi di attesa si sono dilatati e così tanta gente ferma ad aspettare rende inadeguato anche lo spazio riservato a chi aspetta di entrare». In coda c’è chi dice che a questo punto sarebbe più giusto regolare gli accessi attraverso la prenotazione. Renato Biasetti di Castelnuovo racconta: «Ho scoperto oggi questa novità, non ero proprio preparato. Non so, bisognerà venire alle 4 del mattino. Ma la vita si riduce solo a una questione di soldi?». Sull’origine del problema si interroga anche Ester Pulcianese: «Immagino che ci sarà senz’altro una motivazione, ma queste cose rischiano di creare solo rabbia in chi arriva oltre il numero 100 e deve pagare. Non è così semplice: io ad esempio ho una patologia alla tiroide che mi costringe a fare periodicamente dei controlli e ci sono esami che da soli costano quasi 50 euro. L’unica soluzione per me rimane quella di venire all’alba, ma è normale? No, è una vergogna….». La preoccupazione è maggiore proprio in quei pazienti affetti da patologie che richiedono esami periodici come è il caso dei diabetici. Al Servizio diabetologico della Pederzoli, attivo da oltre vent’anni e diretto dal dottor George Peter, afferiscono regolarmente 1400 pazienti. «La direzione sanitaria ci ha allertato e sappiamo che anche i nostri prelievi potranno essere contingentati», spiegano Giuseppe Monico e Tomaso Grazioli dell’associazione diabetici che conta oltre 800 iscritti e fa riferimento al Centro della Pederzoli. «Siamo molto preoccupati per queste decisioni prese dalla Regione: sembra quasi che si cerchi di indirizzare verso determinati centri piuttosto che in altri, diremo quelli pubblici anziché quelli privati. Se è così cosa dovremmo fare, andare a Bussolengo? Ma ci sono vari problemi, ad esempio», sottolineano i rappresentanti dell’associazione, «non ci sono spazi per parcheggiare e molti dei nostri malati hanno difficoltà di deambulazione». Il timore è che quanto successo al laboratorio analisi possa accadere anche ad altri servizi. «Se così fosse sarebbe molto grave: le complicanze del diabete sono talmente importanti da assorbire il 70 per cento della spesa sanitaria destinata alla malattia. La prevenzione è l’unico strumento non solo per evitare problemi di salute ai nostri malati ma anche, visto che parliamo di ragioni economiche, per spendere meno: i ritardi diagnostici a carico delle complicanze costano molto di più degli esami con cui si fa prevenzione. Confidiamo», concludono Monico e Grazioli, «che l’assessore alla Sanità o la direzione generale dell’Ulss possano dare risposte a queste nostre preoccupazioni».