Ancora un altro anno. La Peta (People for the Ethical Treatment of Animals) ha dovuto spostare al 2013 la scadenza per il premio da un milione di dollari messo in palio nel 2008 per il primo laboratorio che fosse stato capace di creare carne in provetta.
Evidentemente, l’associazione che difende i diritti degli animali non ha perso le speranze di poter firmare il ricco assegno. Anche perché per ottobre è annunciata la prova del gusto di un hamburger realizzato con carne artificiale. Ma perché, ci si potrebbe chiedere, dare un premio così consistente per salvaguardare pennuti non particolarmente intelligenti, un poco puzzolenti e immediatamente utili solo per la loro produzione di uova? Il termine fissato era quello del 30 giugno scorso, ma passata vanamente questa data la Peta ha dovuto rinviare la scadenza al prossimo anno.
Usare cellule di pollo per creare in vitro carne commestibile (e commerciabile) è l’obiettivo dell’organizzazione, anche facendo riferimento a quanto avviene negli Stati Uniti dove si calcola che ogni ora siano mangiati oltre un milione di polli. Secondo la Peta riuscire a produrre carne di pollo sintetica potrebbe ridurre drasticamente l’emissione dei gas serra e soprattutto liberare enormi spazi ora occupati dagli allevamenti intensivi. Insomma si punta ad ottenere polpette e ali di pollo sintetiche, da friggere allegramente nei fast food di tutti gli States. Una visione del futuro non impossibile visto che il prossimo ottobre verranno assaggiati gli hamburger sviluppati nei laboratori olandesi dal dottor Mark Post e dai suoi compagni. Attualmente il progetto viene seguito in tre diverse università dei Paesi Bassi: da Post e da Daisy van der Schaft ad Eindhoven, da Klaas Hellingsworth e Joost Teixeira de Mattos ad Amsterdam, da Bernard Roelen ed Henk Haagsman a Utrecht. Peccato che applicare l’ingegneria alla produzione alimentare sia un processo particolarmente costoso quindi gli assaggiatori si troveranno davanti hamburger da 250mila euro l’uno. La Peta però continua a finanziare e promuovere la ricerca per la realizzazione della carne in vitro.
Il dibattito è animato e, naturalmente, aperto. Che il pollo artificiale sia l’unica soluzione verrebbe da pensarlo, scherzando ma non troppo, ogni volta che si ha la sventura di cucinare quello acquistato nei supermercati della grande distribuzione. Lo sventurato pennuto, una volta in padella comincia a rilasciare una quantità di liquidi enorme e contemporaneamente a restringersi. E quando poi si prova a mangiare il frutto delle proprie fatiche ai fornelli, l’unico modo perché la carne abbia un qualche sapore è cospargerlo di spezie e aromi. Potrà la scienza, un giorno, salvarci da tutto ciò?
Massimiliano Carbonaro – Il Fatto quotidiano – 10 luglio 2012