Non possiamo fornire i risultati del biomonitoraggio sui residenti nelle zone esposte alla contaminazione da Pfas perche non lo abbiamo ancora terminato. Questa in estrema sintesi la risposta del direttore generale della Sanità Domenico Mantoan alla richiesta del consigliere Pd Andrea Zanoni di conoscere gli esiti delle analisi ematiche sulla popolazione delle zone a rischio. Le analisi, che potranno rivelare la concentrazione di sostanze perfluoroalchiliche presenti nel sangue delle persone esposte alla contaminazione, sono iniziate a maggio scorso. Ma, scrivono i tecnici della Regione, in una nota del 26 febbraio che illustra i dettagli tecnici alla base del monitoraggio, devono essere ancora effettuati i prelievi su 98 persone delle 600 fissate dalla delibera 565 del 21 aprile 2015. Finora sono state eseguiti 247 prelievi (126 uomini e 121 donne) ai residenti nelle Ulss 5 e 6 da almeno 10 anni, definita “area di impatto”, in 7 comuni interessati, suddivisi nelle varie fasce di età.
Sono stati inoltre effettuati 250 prelievi, 127 uomini e 123 donne, ai residenti nelle Ulss 6, 8, 9, 15 e 22 (7 comuni interessati), definita “area di controllo”. “Mancano – sottolinea Zanoni – ancora i campionamenti sulle persone considerate ‘maggiormente esposte’ residenti nelle Ulss 5 e 6, ovvero i titolari, e loro famigliari, di aziende agricole dove potenzialmente si utilizza acqua contaminata e si consumano carni prodotte direttamente in azienda. Questi ultimi monitoraggi, ci dicono dalla Regione, dovrebbero terminare entro una ventina di giorni”. Solo dopo la conclusione del biomonitoraggio l’Istituito Superiore di Sanità dovrebbe produrre uno studio e un rapporto conclusivo. “Trovo incredibile che i biomonitoraggi biologici sul sangue dei residenti iniziati a maggio 2015 oggi a febbraio 2016 non siano ancora terminati – commenta Zanoni, che è vicepresidente della Commissione Ambiente -. La Regione ci sta mettendo troppo tempo dato che i numeri dei monitoraggi sono piuttosto modesti”.
Sempre dall’Area sanità e sociale arriva la notizia di una richiesta dell’Iss alla Regione, giunta con circolare del 24 febbraio, di provvedere ad effettuare un nuovo monitoraggio sulla catena alimentare utilizzando un rigido protocollo e determinati criteri. Richiesta che Zanoni definisce “logica e doverosa”. Il consigliere Pd ricorda, peraltro, di aver richiesto nuovi controlli sugli alimenti tramite un dettagliato emendamento al bilancio 2016, ancora lo scorso 10 febbraio, e di esserselo visto bocciare dalla maggioranza regionale. Intanto da Palazzo Balbi assicurano di tenere costantemente informate le tre Procure (tramite quella di Padova, quelle di Vicenza e Verona) che hanno aperto fascicoli sulla vicenda dell’inquinamento da Pfas.
Per parte loro Legambiente Veneto e Coordinamento acqua libera dai Pfas chiedono «alla Regione Veneto di avviare immediatamente uno screening epidemiologico su tutta la popolazione veneta interessata, uno studio, affidato ad esperti indipendenti, visto la totale confusione che sembra trasparire a livello di tecnici regionali». Le due associazioni vogliono poi un’indagine sugli alimenti, la pubblicizzazione dei risultati, la sostituzione delle fonti di approvvigionamento idrico per gli acquedotti con fonti non inquinate e l’imposizione di limiti alla presenza di Pfas in falda da parte dei Ministeri competenti. E l’associazione Isde medici per l’ambiente parla di «inadeguatezze in seno alla stessa Commissione mista Regione Veneto-Istituto Superiore di Sanità». Al che la Regione replica: “A livello nazionale l’unico ente abilitato a valutare un caso simile è l’Iss”.
Quello che è certo è che i tempi si allungano.
Leggi anche l’articolo del Giornale di Vicenza Pfas servono altri monitoraggi sugli alimenti
a cura ufficio stampa Sivemp Veneto – 2 marzo 2016