Servirebbe un glossario per affrontare la questione «Pfas», astrusa fin dall’acronimo che indica le sostanze perfluoro-alchiliche. E non guasterebbe un compendio legislativo. Anzi, servirebbe la grinta di Erin Brokovich (quella vera, non Julia Roberts) che di Pfas si sta occupando in New Jersey.
Tocca accontentarsi di ciò che sappiamo: il «sistema multifalda» del bacino Fratta-Gorzone che copre un’area di 180 kmq fra Vicenza, Verona, Padova e Rovigo è inquinato.
Volendo semplificare ancora: le acque potabili e quelle dei pozzi privati contengono concentrazioni ritenute elevatissime anche seguendo le tabelle europee più permissive. Tanto che il piccolo comune vicentino di Sarego ha già chiuso 61 degli 80 pozzi privati e ha speso un milione di euro per allacci all’acquedotto nel frattempo messo in sicurezza con filtri a carbone.
Di cosa si discute tanto animatamente? Di molecole chimiche che si producono alla Mitemi di Trissino fin dagli anni ’70 quando ancora si chiamava Rimar. Molecole ad alto potere impermeabilizzante che finiscono su giacche a vento, scarponcini da montagna in gore-tex, tende da campeggio e padelle antiaderenti in teflon. Tutti oggetti impermeabilizzati con sostanze perfluoro-alchiliche.
C’è chi, come Maria Chiara Rodeghiero del direttivo di Medicina Democratica, si spinge oltre e segnala che «stanno emergendo legami fra queste sostanze e la produzione nell’ambito degli armamenti, persino in relazione alle inchieste della giornalista Ilaria Alpi».
I Pfas (termine che comprende un’intera «famiglia» di molecole dalla derivazione unitaria) sono sostanze neurotossiche che interferiscono con il sistema endocrino aggredendo più gli uomini delle donne visto che ciclo mensile e gravidanze aiutano a scaricare tossine accumulate nell’organismo. Di più, una caratteristica di queste sostanze è il bioaccumulo. Il glossario, come si diceva, sarebbe d’aiuto. Si tratta, cioè, di sostanze che, una volta immesse nell’organismo non possono essere smaltite, anzi, continuano ad accumularsi in organismi vegetali, viventi e falde.
Non basta, dalle denunce portate avanti sia al Tar che in Procura da parte dei 5 Stelle e Medicina Democratica, emerge una ragnatela letale di fonti di contaminazione, dall’acqua potabile all’intera filiera alimentare che va dalle verdure dell’orto dietro casa alle uova. Marina Lecis, già consulente in tante battaglie ambientali, collabora con 5 Stelle e Medicina Democratica: «Ciò che dimentichiamo nelle polemiche di questi giorni – dice – è l’entità del fenomeno. La falda di Almisano e quelle connesse sono fra le più importanti in Europa. E qui siamo ancora nella fase del «mettiamoci una pezza». CVS, gestore delle acque nel Vicentino, sta chiudendo i pozzi di Monticello 1 e 2 a Sarego perché il sistema dei filtri a carbone funziona sempre che il quantitativo di Pfas presente nell’acqua sia limitato. In questi casi si dovrebbero cambiare i filtri ogni settimana. Quindi si arriva alla chiusura e si procede all’allaccio del pozzo di Sant’Antonio sempre nell’area contaminata». Problemi ormai comuni anche al gestore scaligero Acque Veronesi legato al bacino Fratta-Gorzone. Dalle analisi dell’autunno scorso condotte dalle Usl interessate si sono riscontrati picchi di oltre 50mila nanogrammi per litro di Pfas mentre un parere dell’Istituto Superiore di Sanità (recepito a dicembre scorso da una delibera regionale) nello stesso periodo triplicava i valori soglia da 500 per la somma dei diversi Pfas a 500 per ciascuno dei tre composti arrivando a 1500.
Il valore indicato dalla Germania è 100, in New Jersey è 40. Intanto la confusione sotto il cielo della politica veneta è tanta. Ieri la consigliera pentastellata Patrizia Bardelle chiedeva le dimissioni dell’assessore alla Sanità Luca Coletto mentre i colleghi consiglieri 5 Stelle Jacopo Berti e Manuel Brusco specificavano «non chiediamo la testa di nessuno, ci affidiamo alla magistratura».
Gli assessori regionali Coletto e Gianpaolo Bottacin (Ambiente) sottolineano come il Veneto sia «la Regione più virtuosa e che i monitoraggi dell’Arpav (l’Agenzia regionale per la protezione ambientale) siano costanti, fin dal giugno 2013. Da quando cioè era giunta la segnalazione».
Il Corriere del Veneto – 24 marzo 2016