I servizi veterinari e Sian delle cinque Ulss venete interessate al programma di monitoraggio sugli alimenti di produzione locale per la ricerca di sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) stanno effettuando i campionamenti sulle matrici alimentari, così come stabilito dalla Regione con la delibera 1570/2014. Le aziende sanitarie coinvolte, le numero 5, 6, 17, 20 e 21, situate nei territori delle province di Vicenza, Verona e Padova esposti alla contaminazione da Pfas, dovranno ultimare il programma entro il 30 giugno prossimo. L’esito del monitoraggio assumerà un particolare rilievo perché permetterà all’Istituto superiore di sanità di effettuare valutazioni e stime di rischio sanitario. Il lavoro di campionamento straordinario che viene effettuato dai cinque Dipartimenti di prevenzione del Veneto costituisce infatti una sorta di “laboratorio” per condurre ricerche sugli effetti che la presenza di sostanze perfluoroalchiliche negli alimenti possono comportare per l’uomo e per gli animali. Il parere Iss
Nel parere del Dipartimento di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare dell’Iss, inviato alle Ulss il 13 aprile dai direttori delle sezioni Veterinaria-Sicurezza alimentare e Prevenzione della Regione, il direttore Umberto Agrimi osserva che “allo stato attuale non è possibile fornire l’indicazione di ‘tenori massimi’, ancorché provvisori o indicativi, per alcuna sostanza Pfas (così come chiesto dalla Regione Veneto, ndr) perché il livello di conoscenze non lo consente”.
Non esistono disposizioni, non solo a livello comunitario, ma anche nazionale o internazionale, infatti, continua l’Iss, che disciplinino in qualche modo la presenza di sostanze perfluoroalchiliche negli alimenti. “Sono stati individuati valori soglia solo per le acque potabili e tali valori, peraltro, differiscono da paese a paese e da organizzazione a organizzazione”.
L’Istituto di ricerca ritiene opportuno quindi procedere alla campagna di monitoraggio in corso nel Veneto “per valutare se i livelli di concentrazione riscontrati evidenzino contaminazione certamente ‘anomala’ della catena alimentare”. In questo caso si effettueranno stime di rischio sanitario e si valuterà la necessità o meno di vietare il consumo di prodotti vegetali e animali coltivati e allevati nelle aree agricole afferenti. “In altri termini, prosegue il parere, per effettuare una stima del rischio che tenga conto della ‘dose giornaliera accettabile” (Dga) stabilite da Efsa (per i Pfos 150 e per i Pfoa 1500 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno) è a priori necessario conoscere le concentrazioni di Pfas negli alimenti prodotti in zona e l’incidenza degli stessi nella dieta locale e/o media nazionale”
A cura di Cristina Fortunati– Ufficio stampa Svemp Veneto – 17 aprile 2015