Un pool di avvocati per avviare azioni legali di chi tra i giovanissimi ha tracce di sostanze perfluoro-alchiliche nel sangue. Nel caso-Pfas, scendono in campo i genitori dei ragazzi che, grazie allo screening avviato dalla Regione, stanno scoprendo gli effetti letali dell’inquinamento dell’acqua tra l’est e la Bassa veronese. E se sono rose, fioriranno azioni legali di tutto rispetto. Questa iniziativa è stata annunciata alcuni giorni fa in un incontro organizzato da un gruppo di vicentini, svoltosi a Brendola, nell’ambito di un festival di carattere sociale che presto coinvolgerà anche i veronesi. Nella provincia berica lo screening avviato dalla Regione per monitorare la salute dei residenti nell’area esposta all’inquinamento ha già fornito dati decisamente rilevanti. L’esito, d’altro canto, parla da solo: i Pfas sono stati assunti nell’organismo da tutti i soggetti sinora controllati nei 13 Comuni della Bassa Vicentina che rientrano nella zona rossa. I controlli sono iniziati solo un mese fa e solo adesso dovrebbero giungere i primi esiti. In ogni caso, quello che stanno proponendo i genitori vicentini viene seguito con grande attenzione anche nel Veronese.
«Sono molti i residenti nell’area rossa e nelle vicinanze che hanno deciso di unire le forze. Si ritroveranno con un gruppo di legali per studiare e promuovere un’azione legale ben studiata», spiega uno dei promotori dell’iniziativa, Alberto Peruffo.
Nel frattempo, è già stato convocato per mercoledì 7 giugno un incontro operativo con alcuni avvocati. «Su come verrà strutturata l’iniziativa le decisioni verranno prese assieme agli esperti», continua, «però quanto alla volontà di agire a difesa dei nostri figli non abbiamo nessun dubbio». D’altronde, come testimonia l’ampia partecipazione dei cittadini alle serate sugli effetti letali del Pfas come nel Veronese, la questione-Pfas sta suscitando un interesse sempre più ampio. «Purtroppo i risultati dei controlli stanno evidenziando che si è verificata una vera e propria catastrofe, per cui è inevitabile che le persone debbano prendere coscienza della gravita di questo problema», commenta Piergiorgio Boscagin, colognese che è portavoce del Comitato acqua libera dai Pfas. (L’Arena – 3 giugno 2017)
Acqua delle bottiglie nelle mense, la richiesta anti Pfas dei genitori
Iniziativa a Montagnana: lettera indirizzata al sindaco Borghesan per ottenere questo provvedimento sia per dissetare gli alunni che per cuocere il loro cibo. «Non è allarmismo, vogliamo maggiore tutela»
In alcune scuole montagnanesi già da inizio anno l’acqua di caraffa è stata sostituita da quella in bottiglia. I Pfas, le sostanze perfluoroalchiliche inquinanti che sono state registrate nella falda di 21 Comuni del Basso Veneto (Montagnana compresa), preoccupano genitori e famiglie della città murata già da molto. L’iniziativa di qualche giorno fa, dunque, non ha avuto bisogno dei picchi di allarme registrati nelle ultime settimane in città. Lo sottolineano fermamente le decine di genitori che, questa settimana, hanno formalmente depositato al Comune di Montagnana una lettera indirizzata al sindaco Loredana Borghesan di cui sono firmatari i rappresentanti dei genitori delle scuole della cittadina murata, sia pubbliche che private. La lettera-denuncia è firmata dai rappresentanti dell’istituto comprensivo Chinaglia (che comprende la primaria Massimo D’Azeglio di San Zeno, la materna Ai Caduti di Borgo San Marco, la primaria De Amici di Borgo San Marco, la primaria Mazzini, le medie Chinaglia e la materna Collodi) da quelli dell’Educandato San Benedetto, e ancora della scuola dell’infanzia Prosdocimi Baricelo, del nido Valandro, della scuola dell’infanzia Regina Turato di San Zeno. «Nel documento, a fronte del riconoscimento delle sostanze perfluoroalchiliche (i Pfas) come potenzialmente cancerogene da parte dell’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro (larc) e dell’attuale attenzione posta dalla Regione sugli effetti della contaminazione sui cittadini dei territori esposti a questo specifico inquinamento, chiediamo di aprire uno spazio di dialogo e confronto con l’amministrazione in relazione all’acqua utilizzata nelle mense scolastiche», spiegano i promotori della lettera al Comune. «I genitori, pur riconoscendo che la quantità di sostanze Pfas attualmente rilevata nelle acque potabili di Montagnana è al di sotto dei livelli massimi consentiti, e consapevoli che il Comune ha già correttamente attuato delle azioni volte a fronteggiare tale problematica (come ad esempio la progettualità relativa ad approvvigionamento da altre fonti), chiedono tuttavia di adottare nell’immediato misure maggiormente prudenziali per salvaguardare la salute di bambini e ragazzi che usufruiscono delle mense scolastiche».
«Questa iniziativa non è la conseguenza di potenziale “allarmismo”», spiegano i genitori, «ma espressione del bisogno di tutelare in maggior misura la fascia più debole della popolazione, i nostri figli». Due, in particolare, le richieste avanzate all’amministrazione comunale: predisporre l’utilizzo di acqua in bottiglia, priva di inquinanti, nelle mense scolastiche, sia per dissetare i bambini che per la cottura degli alimenti e un incontro pubblico tra amministrazione e genitori, i quali sottolineano un ragionamento: è appurato che la concentrazione di Pfas nel sangue dei ragazzi della “zona rossa” (area particolarmente soggetta all’inquinamento da Pfas in cui insiste anche Montagnana) è ben maggiore rispetto a quella dei coetanei che vivono nei Comuni contermini, e allo stesso tempo manca una seria letteratura che pesi l’effettiva nocività dei Pfas nel corpo di un essere umano. È invece confermato scientificamente che lo smaltimento dei Pfas dal corpo umano richieda molti anni e sia legato inevitabilmente alla cessata assunzione degli stessi. Da qui l’esigenza di interrompere, da subito, ogni rischio di ulteriore contaminazione, anche se solo come principio cautelativo. (IL Mattino di Padova – 3 giugno 2017 )