Il nuovo piano sociosanitario deve garantire a tutti i cittadini l’accesso ai servizi migliori e condizioni di equità tra i diversi territori. Questa la ‘stella polare’ che secondo il relatore d’opposizione Claudio Sinigaglia, dovrebbe guidare la nuova programmazione, che arriva a sanare un ritardo di 16 anni della Regione Veneto nell’aggiornare la propria politica sanitaria.
Ma la bozza di piano in discussione, nonostante il fattivo apporto delle opposizioni – secondo Sinigaglia – disattende ancora questo obiettivo. Anche perché, nel corso di questi anni di inerzia programmatoria, la spesa sanitaria è lievitata. Sinigaglia ha ricordato che la sanità veneta ha accumulato un ‘buco’, anzi una “voragine di un miliardo e 350 milioni di euro”, che rappresenta una ipoteca di 40 milioni di euro l’anno per i prossimi 25 anni. “E ora il quadro si complica – ha avvertito Sinigaglia – perché il Veneto è chiamato a far fronte a una forte riduzione di risorse: nel 2013-2014 è già previsto un minor finanziamento del Servizio sanitario nazionale di 8,5 milioni di euro, vale a dire 800 euro in meno per il Veneto”. Nel frattempo – ha spiegato Sinigaglia – sono cresciute le domande dei salute dei veneti, a causa dell’invecchiamento della popolazione, e dell’aumento delle patologie croniche che riguardano ormai un milione e mezzo di veneti. Non è solo il problema delle risorse a mettere in crisi il sistema veneto di assistenza e di cure. Per Sinigaglia ci sono anche la disomogeneità nell’offerta di servizi tra le diverse Ulss, la progressiva crescita della mobilità passiva ospedaliera, cioè del numero di cittadini che vanno a farsi curare in altre Regioni, le lunghe liste di attesa per le prestazioni specialistiche e la diagnostica, e addirittura l’inserimento dei disabili nei Coed. E, infine, il ricorso inappropriato ad alcune prestazioni, a cominciare dal Pronto Soccorso. Il nuovo piano – secondo Sinigaglia – cerca di affrontare queste criticità e contiene, grazie anche all’apporto costruttivo delle opposizioni, alcuni elementi positivi: la valutazione annuale dei direttori generali delle Ulss e l’introduzione delle schede di programmazione territoriale (vera novità del piano) che programmeranno gli ospedali di comunità, gli hospice, le strutture per l’Alzheimer e la sclerosi multipla e i servizi nel territorio. “Ma le schede – ha avvertito l’esponente del Pd – dovranno essere contestuali al piano, e non potranno esserci tagli ai posti letto ospedalieri se prima non saranno attivati i servizi nel territorio”. Giudizio positivo, da parte delle opposizioni, anche sulla nuova figura del direttore dei servizi sociali e delle funzioni territoriali, sull’obbligo della trasparenza dei bilanci per tutti i soggetti che ricevono finanziamenti dalla Regine, la regionalizzazione dell’informatizzazione e dell’acquisto dell’alta tecnologia sanitaria. Sinigaglia si è poi soffermato su quelle che ha definito le “gravi carenze” della bozza di piano: discrezionalità delle linee guida, mancanza di indicazioni sulla rete ospedaliera territoriale, mancanza di chiarezza su quali ospedali verranno convertiti in strutture intermedie, insufficienza della rete delle strutture di riabilitazione, carenza di programmazione sociosanitaria e mancata definizione dei livelli di assistenza sociale. A tali ‘criticità’ Sinigaglia ha aggiunto l’assenza dei criteri per il finanziamento delle aziende sanitarie, la confusa organizzazione dei servizi distrettuali e la scarsa valorizzazione delle professioni sanitarie e sociosanitarie. “Questo è un piano monco – ha sintetizzato – rappresenta una serie di linee guida, ma è privo degli elementi fondamentali della programmazione”. Sinigaglia ha evidenziato lo sbilanciamento sul versante sanitario del piano, a scapito del sociale e dei suoi “attori”, come il privato sociale, il terzo settore, gli enti locali. “Il nuovo piano – ha concluso – è un collage di buone intenzioni e di contraddizioni, perché non risolve né il problema delle liste d’attesa, né del finanziamento degli investimenti. Ci chiediamo se si farà e con quali risorse il nuovo ospedale di Padova? E il centro protonico di Mestre? E l’ospedale Borgo Roma di Verona? Ci preoccupano le scelte contraddittorie e divergenti della maggioranza, che ha approvato il piano in commissione ma nel contempo è stata rimessa in discussione dal suo presidente e dalla Giunta”.
13 giugno 2012