Troppo facile dire plastica. Il tema, meglio sarebbe dire il “materiale”, è complesso e, in una stagione politica in cui la coscienza ambientale si allarga, difenderne la produzione e l’utilizzo sembra politicamente scorretto. Tutti concordano sulla necessità di ridurre gli impatti ambientali. Il Parlamento ha approvato ieri il divieto al consumo, nella Ue, di alcuni prodotti in plastica monouso, che costituiscono il 70% dei rifiuti marini.
La nuova normativa, se approvata in via definitiva, vieterà entro il 2021 la vendita all’interno dell’Ue di articoli in plastica monouso, come posate, bastoncini cotonati, piatti, cannucce, miscelatori per bevande e bastoncini per palloncini. I deputati hanno aggiunto all’elenco delle materie plastiche vietate, proposto dalla Commissione, altri oggetti: i sacchetti in plastica leggera, gli articoli di plastica ossi-degradabili, come sacchetti o imballaggi, e i contenitori per fast-food in polistirolo espanso. La relazione è stata approvata con 571 voti favorevoli, 53 voti contrari e 34 astensioni. Il Parlamento europeo avvierà negoziati con il Consiglio non appena i ministri Ue avranno stabilito la propria posizione comune. Il 6 novembre inizieranno i negoziati con i ministri, il trilogo il 18 dicembre.
Il voto rappresenta una secca sconfitta del fronte italiano. Sì, perché le aziende del setttore in Italia sono quelle penalizzate dalla nuova giurisdizione, a vantaggio dei Paesi del Nord. La direttiva, infatti, è destinata a provocare danni rilevanti al sistema economico italiano. Le nostre imprese, da un lato, sono in prima linea: produttrici di plastiche biodegradabili e quindi avvantaggiate dalla direttiva. D’altra parte l’Italia è nel novero dei principali produttori europei di posate e piatti di plastica, penalizzati.
Svezia e Finlandia, invece, risultano fortemente avvantaggiate. Le loro cartiere, in crisi per la digitalizzazione che si sta imponendo, patiscono una crisi importante. Ecco perché loro, i nordici, potrebbero convertirsi nella produzione di piatti e bicchieri di carta, attualmente di polistirolo. Nella filiera di produzione, a partire dalle materie prime, gli scandinavi hanno il vantaggio di essere grandi produttori di cellulosa.
Va rilevato – spiega Danilo Oscar Lancini – eurodeputato del Gruppo Europa delle Nazioni e delle Libertà che «la plastica prodotta in Europa è più sicura, in quanto più controllata. Su carta e bamboo, di provenienza extra Ue, non ci sono garanzie».
Sul piano strettamente politico gli emendamenti per le imprese italiane sono saltati. Elisabetta Gardini, eurodeputata del Partito popolare, dichiara che, a pochi mesi dalle elezioni europee, l’opinione pubblica viene impressionata dall’inquinamento marino; ma non viene spiegato ai cittadini che, per il 95% del totale, la sporcizia non è generata dalle nostre aziende ma dai flussi dei fiumi asiatici e africani. È questa la conclusione cui approdano vari studi condotti dall’Onu.
Vi è un altro aspetto che viene segnalato come anomalo: la velocità del procedimento. A parte quella ambientale, le altre direzioni generali non sono state coinvolte: né quella Trade, né quella sul mercato interno. Il Made in Italy verrà danneggiato, nonostante non vi siano ragioni per credere che la plastica italiana sia responsabile di inquinamento dei mari.
Molto positiva invece la posizione di M5S. L’europarlamentare Piernicola Pedicini ha dichiarato:
«Vietando i prodotti di plastica monouso, per una volta l’Ue si dimostra all’altezza delle sfide che l’attendono. Servono scelte coraggiose se davvero vogliamo salvare il nostro pianeta e la salute delle generazioni future. Siamo orgogliosi di aver contribuito a questo risultato con i nostri voti e con i nostri emendamenti. Unico rammarico il fatto che le bottiglie di plastica non siano state incluse negli obiettivi di riduzione della direttiva».
IL SOLE 24 ORE
Roberto Da Rin
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