di Enrico Marro Il governo rimanda la discussione alla prossima legge di Stabilità. Tuttavia, nonostante gli ostacoli dell’Unione europea, la richiesta di rendere flessibile l’età di pensionamento, modificando la riforma Fornero, non viene solo da sinistra e dai sindacati, ma anche dal Nuovo centrodestra, alleato di governo del Pd. Due le proposte dell’ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: incentivare, nel caso di accordi tra azienda e dipendente sull’uscita anticipata dal lavoro, l’azienda stessa a integrare i contributi previdenziali del lavoratore; e rendere molto più conveniente di ora il riscatto della laurea. Se dipendesse solo dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, il cantiere della previdenza sarebbe già stato riaperto da un pezzo. Tutte le volte che ne ha avuto l’occasione il ministro ha infatti sottolineato l’urgenza di «introdurre elementi di flessibilità» sull’età pensionabile.
Anche per evitare il formarsi di ondate di lavoratori anziani espulsi dalle aziende ma lontani dal raggiungimento dei requisiti per la pensione che, una volta, esaurito il sussidio di disoccupazione, resterebbero senza reddito. Insomma i cosiddetti nuovi esodati, anche se il termine è improprio, perché gli esodati veri sono solo quelli che, usciti dal lavoro anticipatamente prima del 2012 con l’attesa di andare di lì a poco in pensione sono invece rimasti bloccati dallo scalone della riforma Fornero.
Anche ieri Poletti, in un’intervista pubblicata da Avvenire , ha rilanciato il tema della flessibilità, osservando che, tra l’altro, potrebbe convenire alle stesse imprese: «Quanto costa in termini di competitività tenere al lavoro persone che già hanno dato tutto?». Solo che, intervenire per consentire, sia pure a determinate condizioni, di andare in pensione prima di quanto preveda la Fornero costa e crea problemi con la Commissione europea. Eppure la discussione, sotto traccia, continua. A partire dalla vecchia proposta (governo Letta) del mini anticipo: chi è a 2-3 anni dalla pensione e resta senza lavoro può chiedere un anticipo di 6-700 euro al mese che poi restituisce in piccolissime rate quando scatta l’assegno pieno.
Intanto è significativo che la richiesta di flessibilizzare l’età di pensionamento non venga solo da sinistra e dai sindacati, ma anche da Ncd, alleato di maggioranza del Pd. Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato, ha avanzato a Poletti due proposte. 1) Incentivare, nel caso di accordi tra azienda e dipendente sull’uscita anticipata dal lavoro, l’azienda stessa a integrare i contributi previdenziali del lavoratore. 2) Rendere molto più conveniente di ora il riscatto della laurea. Misure che avrebbero un duplice effetto: aumentare il risparmio previdenziale e quindi l’importo della pensione; aiutare in molti casi chi rimane senza lavoro ma non ha i contributi sufficienti (ne servono 42 anni e mezzo) ad andare in pensione. Il tutto, continua Sacconi, andrebbe accompagnato dal «fascicolo elettronico della vita attiva» per un monitoraggio del conto corrente previdenziale, con l’obiettivo di stimolare il lavoratore ad «accrescere il suo gruzzolo contributivo».
Questi primi passi sono indispensabili, secondo l’ex ministro del Lavoro, per intervenire rispetto a una riforma Fornero ha reso «assurdamente rigida l’età di pensionamento». Il tema è ben presente anche a Palazzo Chigi, ma i primi sondaggi con Bruxelles non sono incoraggianti. Ecco perché il governo prende tempo e dice: ne parleremo con la prossima legge di Stabilità. Nel frattempo va avanti la telenovela degli esodati. Finora con 6 decreti dal 2012 a oggi sono state salvaguardate 170 mila persone, alle quali si è concesso di andare in pensione con le regole precedenti alla Fornero. Ma i comitati esodati premono per un altro decreto per ampliare la platea. Palazzo Chigi è contrario, anche perché le sei salvaguardie hanno già impegnato una spesa di quasi 12 miliardi fino al 2020. Per fare chiarezza Sacconi ha incaricato una commissione coordinata da Annamaria Parente (Pd) di censire l’eventuale esistenza di altri esodati . In seguito a un ordine del giorno di Pietro Ichino (Pd) è stato predisposto un modulo che verrà messo online sul sito del Senato («è questione di settimane», dice Parente) dove chi ha perso il posto in seguito ad accordi con l’azienda prima della Fornero potrà dichiararsi, allegando l’atto di scioglimento del rapporto di lavoro. Parente e Ichino sono convinti che di esodati veri ne siano rimasti pochi. Il resto, dice Ichino, «sono disoccupati anziani che non hanno i requisiti per la pensione: vanno assistiti con le indennità di disoccupazione e con attività di ricollocamento, ma non sono esodati in senso tecnico».
Il Corriere della sera – 23 febbraio 2015