Previsioni negative su tutto l’anno da istituzioni ed enti di ricerca internazionali. È il tema caldo della “fase 2” del Governo Monti appena avviata. Studiare misure per rilanciare l’occupazione, in un quadro generale dell’economia a tinte fosche che avvolgeranno l’intero anno, secondo le previsioni di istituzioni ed enti di ricerca internazionali.
Ocse, Commissione europea, Fini: tutti concordano nello stimare un taglio dei posti di lavoro nel nostro Paese, con un parallelo aumento dei tasso di disoccupazione a rendere sempre più ampio il gap rispetto al passato. E tratteggia un generale down-grading dell’economia anche la Relazione al Parlamento 2011 presentata nel dicembre scorso: l’occupazione registrerà un valore negativo (-0,3%), per poi riprendere la crescita – dal 2013 – a un ritmo quasi impercettibile (0,1 per cento). Il tasso di disoccupazione è rivisto al rialzo per tutto il periodo, attestandosi all’84% nel 2012, per poi balzare all’8,7% l’anno successivo. Più pessimista è l’Outlook del Centro studi di Confindustria, secondo cui quest’anno ci sarà un calo dello 0,6% dell’occupazione destinato a proseguire nel 2013, con l’emorragia di 219mila posti di lavoro che porteranno il gap (al netto della cassa integrazione) a 957mi1a rispetto al 2008. «Il nuovo arretramento dei livelli di attività- si legge nel rep ort – colpirà soprattutto l’industria in senso stretto, che era già sotto di S73mila occupati a metà 2011 rispetto all’inizio de12oo8». Ad essere più penalizzati gli uomini (già in calo del 34% dal 2008 al 2011), le perso- ne meno istruite (-10,6% per chi ha solo la licenza media) e i giovani (-24,4%). E continuerà la flessione del potere d’acquisto dei salari, già oggi a livelli record (il divario con l’inflazione è il più alto dal 1997): in base all’andamento previsto nei diversi comparti, gli economisti di viale dell’Astrono mia stimano che la crescita degli stipendi nominali per addetto sarà dell’1,5% nel 2012 e dell’1,7% nel 2013, contro un’inflazione attesa del 2,2% e del 2,1 per cento. A livello microeconomico, per il primo trimestre di quest’anno – secondo un’indagine dell’agenzia per il lavoro Manpower su un campione rappresentativo di un migliaio di imprese – solo il 5% dei datori prevede un aumento del proprio organico, il 13% una riduzione e il resto non prospetta sostanziali variazioni. Restringendo l’obiettivo sul territorio le previsioni più deboli riguardano il Sud, dove è atteso un flop dell’occupazione del 12%, il Nord Ovest prospetta un mercato del lavoro tendente al ribasso (-6%), mentre nel Nord Est e nel Centro si annunciano meno perdite (-5% e -4%). Dal confronto settoriale emerge che in nove dei dieci comparti oggetto dell’indagine di Manpower si prevede nel primo trimestre 2012 il segno meno nel trend di assunzioni. Le stime più deboli riguardano il settore minerario ed estrattivo (-18%) e quello pubblico e sociale (-11%). Scarso ottimismo anche in ristoranti e hotel (-9q6), nel settore elettricità, gas e acqua e nel commercio (entrambi a -8%). Solo per trasporti e comunicazioni si prevede un mercato occupazionale in equilibrio. Stima un primo semestre in salita l’agenzia per il lavoro Gi Group: «Le maggiori difficoltà si concentreranno nel manifatturiero, nell’automotive, nel banking e nel settore pubblico -dice il direttore commerciale Zoltan Daghero – mentre ci sarà una tenuta di richiesta di personale nei servizi». E dovrebbe restare costante la domanda di profili specializzati trasversalmente a tutti i settori. «Ingegneri elettronici e meccanici, addetti vendita madrelingua cinesi e russi, capi reparto dovrebbero essere impermeabili alla crisi» precisa Daghero. Dalla concorrente Randstad arriva il segnale che è più spiccata tra gli italiani la disponibilità a considerare l’opzione del trasferimento all’estero. La quarta edizione del Work monitor, analisi sull’andamento del mercato del lavoro in 29 Stati, rivela «che il 53% dei nostri connazionali – commenta Marco Ceresa, ad di Randstad Italia-sarebbe disposto a espatriare se guadagnasse di più, mentre un terzo varcherebbe i confini a parità di stipendio ma per un lavoro più in linea con le proprie aspettative».
Il Sole 24 Ore – 2 gennaio 2012