«Nessuno sapeva che l’acqua era contaminata dai Pfas, è stato come per il Covid: purtroppo il Veneto ha fatto da cavia in Italia. Nelle analisi si sono sempre cercati i batteri e i metalli pesanti. Appena capito il pericolo per la salute abbiamo installato i filtri a carbone attivo. Una spesa di 2 milioni di euro al mese anticipati dalla Regione e poi finiti sulle bollette degli utenti». Sono le 11.50 quando Domenico Mantoan esce dall’aula C del tribunale di Vicenza dopo aver risposto alle domande della pm Barbara De Munari. Per due ore ha ricostruito la battaglia solitaria del Veneto contro la catena infinita di sostanze perfluoroalchiliche, su cui ora il Parlamento vuole dettare regole precise.
A Vicenza si celebra un processo simbolo contro 15 manager della Miteni, con due big della sanità come Francesca Russo e Domenico Mantoan schierati a fianco delle parti civili che pretendono il risarcimento dei danni. Ma il vero personaggio chiave della Procura è il maresciallo Manuel Tagliaferri, del Noe di Treviso, che ha consegnato una relazione di 9.091 pagine e 48 allegati per mettere fine a tutti i dubbi. Alcune mail in inglese e in giapponese non tradotte rischiano di bloccare l’udienza ma la presidente Antonella Crea, dopo una lunga camera di consiglio, alle 14.50 dà il via libera. Si entra nel cuore del processo: Tagliaferri giura e poi proietta le slide con il computer per raccontare la genesi del più grande avvelenamento in Europa che ha sconvolto la vita a 300mi1a persone tra Vicenza, Padova e Verona. I primi allarmi risalgono al 1990 con tracce di Btf, benzotrifluoruri, mentre i Pfoa fanno la loro comparsa nel 2008 nell’acqua di falda e nei terreni. «Tutto è nato con la Rimar-Marzotto che dalla Colombara di Trissino nel 1967 si è spostata nell’area Miteni. La fabbrica ora è chiusa dal 2018 dopo il fallimento, ma lo sversamento non si è mai fermato perché riguarda un’area di 3 mila mq con la falda freatica compromessa in tre province. Le indagini si sono focalizzate sul torrente Poscola e sul collettore Arica che da Arzignano scarica i reflui delle conce sul Leb a Cologna dopo aver attraversato Lonigo e Noventa. Il 98%delle sostanze tossiche è ancora legato ai Pfas». Come mai? La bonifica con la barriera metallica non è mai decollata. Si entra poi nel capitolo più delicato, l’intreccio societario portato a galla con le perquisizioni nelle sedi di Miteni, tra Monza, Milano e Trissino per stabilire le responsabilità dei manager. C’è una data da ricordare, dopo l’uscita di scena dell’Eni: il 5 febbraio 2009 la Mitsubishi vende l’azienda alla Icig con base in Germania e in Lussemburgo: il prezzo è di 1 euro. E l’8 marzo 2017 il maresciallo Tagliaferri mette le mani sui documenti chiave e l’analisi si sofferma sui dossier legati alle consulenze ambientali. La Miteni è monitorata fin dal 1990 da Ecodeco, affiancata poi da Erm Italia nel 1996, incarichi rinnovati nel 1998 e 2003 con altri gruppi. Tagliaferri non ha dubbi: l’inquinamento da Pfas era noto già trent’anni fa. Ma quando scatta l’allarme? Una riposta arriva dal quesito che il pm Barbara De Munari rivolge a Domenico Mantoan: com’è nata la percezione del rischio alla salute? «A maggio 2013 una relazione del Cnr mi ha convinto ad avviare un’indagine epidemiologica nelle province di Vicenza e di Treviso, con stili di vita omogenei. Ed è emerso che le concentrazioni di Pfas nel sangue erano notevolmente diverse. La popolazione vicentina registrava valori oltre la media per l’ipertensione, il diabete e l’aumento del colesterolo con un aumento del 20% della mortalità con patologie cardiovascolari. Ho preso subito contatto con l’Oms a Francoforte e con il professor Fletcher» che ha seguito il caso analogo in Ohio, risolto con una class action. Mantoan sottolinea che per i medici americani il rischio di tumore al rene e ai testicoli è reale, ma l’indagine sulla popolazione dell’area rossa veneta non ha mai segnalato queste patologie. L’ultima carta è la plasmaferesi poi bloccata dal ministero. «L’ho fatta anch’io con risultati immediati: con 5-6 trattamenti a distanza di un mese i valori di Pfas si dimezzano mentre ci vogliono 5 anni senza la pulizia del sangue». Quando costa la terapia, chiede l’avvocato dello Stato Flavio Bonora? «60-70 euro a seduta» ribatte Mantoan. Il Covid ha sospeso anche lo screening di prevenzione. Ultimo dubbio: come mai l’indagine epidemiologica proposta dall’Istituto superiore di sanità non è mai decollata? È solo colpa della pandemia? Mantoan ha lasciato il Veneto nel 2020 e la battaglia contro i Pfas è tutt’altro che finita
Il Mattino di Padova