Produttività, la trattativa: il nodo delle deroghe al contratto
Da ieri la trattativa sulla produttività è entrata nella fase operativa ma non è detto che finisca entro il 18 di ottobre come ha chiesto il premier Mario Monti. «Non la considero una data magica, bisogna fare una discussione e vedere quando si conclude», ha affermato il segretario generale della Cgil Susanna Camusso dopo aver illustrato la mobilitazione del 20 sul lavoro.
E se proprio vuol andare a Bruxelles giovedì prossimo con qualcosa in mano «porti la legge contro la corruzione, sarebbe più efficace di un abbassamento dei salari». Molto critica anche sul testo dentro la legge di stabilità che condiziona la defiscalizzazione del salario variabile al raggiungimento dell’accordo e al via libera del regolamento entro il 15 gennaio. «Non ho mai visto un comportamento di questo tipo — continua la Camusso —, un governo che dice se fate i bravi vi do la defiscalizzazione, è evidente che l’obiettivo del governo è quello di poter ridurre i salari e aumentare l’orario di lavoro».
Ma se la Cgil alza il livello politico della soluzione-produttività l’incontro tecnico svoltosi ieri nella foresteria della Confindustria alla presenza di una dozzina di esperti di tutte le organizzazioni imprenditoriali e sindacali è andato molto bene. Nel weekend si cercherà di mettere per iscritto un testo condiviso per consegnarlo martedì ai leader e, dopo un eventuale successivo passaggio finale per raccogliere le ultime osservazioni, la consegna del documento a Palazzo Chigi. Chi era presente all’incontro racconta che il clima è stato estremamente costruttivo. La discussione si è articolata seguendo la scaletta indicata nella bozza elaborata dagli imprenditori trovando tutti d’accordo nei capitoli riguardanti la formazione, il patto generazionale, le partecipazioni dei lavoratori al capitale dell’azienda. Più delicata invece è stata la parte «derogatoria» al contratto nazionale e non poche difficoltà sono emerse nell’individuare un equilibrio tra il primo e secondo livello. Potenziare il livello aziendale va bene ma attenzione a non rendere regressivo quello nazionale. Nonostante il niet secco della Camusso — «sul demansionamento dico no e basta» — ieri si è parlato anche di questo. Qui la discussione si è articolata non tanto sullo stravolgimento della legge che impedisce a un lavoratore di accettare mansioni peggiori ma sulla possibilità di regolare alcune situazioni di crisi affidando la pratica alla contrattazione collettiva. Insomma sarà il sindacato che valuterà se ci sono le condizioni perché, per fare un esempio, un impiegato possa accettare di fare l’operaio senza bisogno di essere prima licenziato e poi riassunto.
Giorgio Santini, segretario confederale Cisl, si è detto ottimista: «L’accordo si farà».
Corriere della Sera – 13 ottobre 2012